Il codice del titolo è quello che identifica una situazione in cui un agente è colpito e la cui gravità impone che tutte le unità vengono mobilitate, di fatto lasciando buona parte del resto della città sguarnita. Al centro di tutto c’è un gruppo di poliziotti corrotti che compiono una rapina all’inizio per conto di un grosso boss, il quale però desidera un altro colpo e glielo fa capire uccidendo uno di loro. Questo secondo colpo sarà finalizzato a rubare informazioni e per portarlo a termine serve un codice 999. Il piano è sacrificare un novellino per riuscirci. Il novellino non sarà così facile da sacrificare.
Dinamiche essenziali e molti colpi, molte azioni di polizia durante le quali mandare avanti la trama. La prima componente azzeccata di questo film di John Hillcoat è quella di non voler mandare avanti tutto a dialoghi ma di far succedere gli eventi e durante essi raccontare la trama. La vita dei poliziotti è fatta di lavoro, tantissimo lavoro, di una quotidianità marcia nella quale si stringono le dinamiche umane.
Non deve quindi stupire che la sceneggiatura di Codice 999 sia rimasta a lungo nella black list (l’elenco di script che per un motivo o l’altro non sono stati acquistati da nessuno studio), serviva infatti una chiara visione degli eventi e una mano ferma per gestire così tanti personaggi, stabilire gerarchie cinematografiche tra di loro e riuscire a dar vita all’atmosfera giusta, che nel poliziesco è tutto, viene anche prima della comprensibilità della trama.