«Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker» è uno dei documentari più potenti che si siano visti in sala negli ultimi mesi. Il regista Chad Gracia segue le ricerche di un artista ucraino, Fedor Alexandrovic, che nel 1986, quando avvenne il disastro di Chernobyl, aveva solo quattro anni e viveva poco distante dalla centrale nucleare. L’indagine di Alexandrovic lo porterà a scoprire un legame tra la tragedia e la Duga, un’antenna che ai tempi della Guerra Fredda doveva interferire con le comunicazioni occidentali e infiltrarle di propaganda sovietica. Una struttura che non ha mai funzionato e che, forse, non è estranea allo scoppio del reattore. E se non si fosse trattato di un incidente? Da questa domanda parte «Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker», un documentario che somiglia a un thriller, inquietante e angoscioso dal primo all’ultimo minuto. Tra teorie di complotto, coincidenze spaventose e slanci paranoici, Chad Gracia racconta un uomo ucraino che, come tanti connazionali, è tornato a farsi delle domande che non hanno mai avuto una risposta. Nel bel mezzo della rivoluzione ucraina, Fedor Alexandrovic deve fare una scelta non facile: svelare a tutti ciò che ha scoperto oppure rimanere in silenzio per proteggere la sua famiglia. Scioccante e spaventoso, il film coinvolge nel modo giusto.