Grande commozione per la scomparsa del “Duca Bianco”. Anche per David Bowie, come per tanti altri grandi della musica, più che durante la carriera artistica, è la morte ad aver acceso i riflettori della critica e dell’opinione sulla sua opera. I fan di tutto il mondo hanno appreso con la sua scomparsa della lotta contro il cancro che dopo 18 mesi lo scorso 10 gennaio, a 69 anni, ha fatto calare il sipario sulla sua esistenza. L’8 gennaio ironia della sorte, era uscito il suo ultimo album “Blackstar”, un vero e proprio testamento. Mentre impazzano le polemiche circa una sua “morte assistita”, addirittura “pianificata” (Ivo Van Hove, il regista del musical Lazarus, scritto da Bowie, in un’intervista alla radio olandese Nos non eslude che il cantautore possa essere stato aiutato per l’ultimo passo. In attesa di eventuali disposizioni testamentarie,si stima che la sua fortuna si aggiri intorno ai 230 milioni di dollari e l’eredità dovrebbe essere divisa tra la seconda moglie Iman, il figlio Dancun, 44 anni, regista, avuto dalla prima moglie Marie Angela Barnett, e la figlia di 15 anni, Alexandria Zahra, nata dal secondo matrimonio), il mondo esprime il suo cordoglio in particolar modo attraverso i social network. Le foto e le canzoni di Bowie praticamente sono ovunque (spesso non senza ipocrisie), meritatamente. La carriera di Bowie è stata folgorante e istrionica, come il personaggio stesso. Vero portavoce della “libertà sessuale”, con le sue maschere e personaggi bisessuali e androgine, Bowie si “trasforma” continuamente, anche artisticamente, cercando sempre nuovi “alter ego”. David Robert Jones (il vero nome di Bowie) nasce a Brixton, Londra, l’8 gennaio del 1947 e pubblica il primo singolo Can’t help thinking about me nel ’66 con i The Lower Third. In precedenza, a metà del 1962, David e George Underwood si uniscono ad altri studenti che suonano in un trio chiamato The Kon-rads, che esegue cover. È in questo periodo che, durante un litigio a causa di una ragazza, Underwood colpisce David con un pugno all’occhio sinistro causandogli una midriasi permanente e lasciandolo con una percezione alterata della profondità e della luce. Per questo motivo l’occhio sinistro di David verrà spesso erroneamente creduto affetto da eterocromia. Bowie ha attraversato cinque decenni di musica rock, ora come Ziggy Stardust, ora come Halloween Jack, Nathan Adler o The Thin White Duke (il “Duca Bianco”). Dal folk acustico all’elettronica, passando attraverso il glam rock, il soul e il krautrock, Bowie ha inevitabilmente influenzato molti artisti che sono venuti successivamente alla ribalta. Nel 1967 l’incontro cruciale per la sua carriera, quello con Lindsay Kemp. Dall’artista apprende i segreti della teatralità, della mimica, dell’uso del corpo, elementi fondamentali della sua personalità artistica che si affermerà attraverso le sue tante “personalità”. Dopo tante collaborazioni e fasi “sperimentali” (anche nel cinema e nel teatro), arriva il primo vero successo musicale di Bowie: Space Oddity, uscito l’11 luglio 1969, dopo sole tre settimane dall’incisione e in tempo per l’impresa dell’Apollo 11. La vera esplosione di David Bowie avviene però con l’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars del 1972 (fondamentali per il nuovo corso di Bowie risultarono in quegli anni i contatti con l’artista Andy Warhol, Lou Reed dei Velvet Underground e Iggy Pop, altri miti indiscussi), in cui è accompagnato dal gruppo musicale eponimo The Spiders from Mars, che contiene una enorme fetta dei suoi classici, da Starman a Moonage Daydream, da Rock ‘n’ Roll Suicide a Ziggy Stardust, brani immancabili nei suoi concerti. Lo “Ziggy Stardust Tour”, iniziato il 10 febbraio 1972 al Toby Jug di Tolworth, con 103 date in 60 città, ideato per promuovere l’album omonimo, è un successo clamoroso. Il disco, letteralmente venerato, racconta la storia del primo dei suoi alter ego scenici, Ziggy Stardust, un extraterrestre bisessuale e androgino trasformato in rockstar. Dopo Station to station (’76) e The Thin White Duke (’76). In quell periodo David si trasferì in Svizzera acquistando uno chalet sulle colline a Nord del Lago di Ginevra. Nel nuovo habitat, il suo consumo di cocaina incrementò ancora di più, causandogli seri problemi di salute. Per distrarsi dallo stress dell’ambiente musicale, Bowie iniziò a dipingere, producendo svariate opere post-moderniste. In tour, prese l’abitudine di portarsi un blocco degli schizzi per disegnare quando preso dall’ispirazione, e fotografare qualsiasi cosa colpisse la sua immaginazione. Visitando gallerie d’arte a Ginevra e il Brücke-Museum di Berlino. Successivamente Bowie lascia Los Angeles dove era rientrato e si trasferisce a Berlino. Con la collaborazione di Brian Eno registra tre degli album più importanti della sua carriera, Low, Heroes e Lodger, la cosiddetta “Trilogia di Berlino”. Nella capitale tedesca riesce a liberarsi dalla cocaina e inaugura gli anni Ottanta con una nuova, clamorosa svolta stilistica che gli frutterà il più grande successo commerciale della sua discografia, Let’s Dance, un raffinato viaggio attraverso il rock’n’roll, il funky, la dance più elegante. Nel 1981 Bowie collabora con i Queen per la preparazione del loro album Hot Space, nello specifico, per la traccia Under Pressure, estratta poi come singolo. Il duetto si rivela un grosso successo, diventando il terzo singolo numero 1 di Bowie in Inghilterra. Sempre nel 1981 David ottiene il ruolo principale nell’adattamento televisivo della BBC dell’opera di Bertolt Brecht Baal. In contemporanea con la messa in onda del programma, viene pubblicato un EP a cinque tracce con brani tratti dal lavoro teatrale incisi a Berlino, intitolato David Bowie in Bertolt Brecht’s Baal. L’anno precedente, il 1980, Bowie fa un’apparizione cameo nel film tedesco Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, basato sulle esperienze dei giovani tossicodipendenti berlinesi negli anni settanta. La colonna sonora del film è dello stesso Bowie. Tra le altre principali apparizioni cinematografiche si ricordano quella in Furyo di Nagisa Oshima del 1983, Absolute Beginners e Labyrinth del 1986 fino a Basquiat di Julian Schnabel del 1996, nel quale ha interpretato il ruolo di Andy Warhol. Gli anni 2000 lo vedono lontano dalle scene. Il suo penultimo album fu The Next Day del 2013, contente inediti. Nel 2007 ha ricevuto il Grammy alla carriera, nel 2008 era stato inserito al 23º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo la rivista “Rolling Stone”. Se sui costumi del personaggio (in particolare il periodo del consumo di droghe, così come per tanti suoi colleghi) si può discutere, il “vuoto” artistico lasciato da Bowie sarà incolmabile. Precursore e innovatore con una lungimiranza che oggi sembra inesistente nel panorama musicale. Intanto sono già iniziati i preparativi per il concerto tributo che si terrà il 31 marzo alla Carnegie Hall a New York. Tra gli artisti ci saranno The Roots, Cyndi Lauper, the Mountain Goats, Heart’s Ann Wilson, Perry Farrell, Jakob Dylan.