Tra ideologie di libertà, speranze di cambiamento, odore di unificazione e sapore di insegnamento, 26 anni fa “la striscia della morte” si sgretolava a picconate di nobili sogni di uomini, giovani, feriti ma vittoriosi. Non una semplice riunione fisica tra le due Germanie ma marcia di un popolo alla riconquista della propria identità. Leitmotiv degli anni ’90: globalizzazione, un mondo senza muri, idea hippie di un “villaggio globale”. Di per sè il processo di globalizzazione è un fatto culturalmente accettabile, anzi, per alcuni aspetti, auspicabile, se solo si pensa agli enormi benefici che si potrebbero ricavare da un’equa ridistribuzione delle risorse. Purtroppo, al di là delle belle affermazioni di principio, esiste una realtà molto diversa fatta di prevaricazione da parte di Paesi “sviluppati” a danno dei Paesi “sottosviluppati”, costretti a nuove forme di colonialismo e di sfruttamento in nome di un progresso di cui potranno raccogliere, al più, le briciole. La storia dell’umanità è un susseguirsi di guerre, estenuanti lotte di popoli su altri popoli, o, per meglio dire, di uomini ambiziosi su altri uomini potenti.
E nonostante l’antico adagio che “la storia è maestra di vita”, gli uomini continuano a commettere gli stessi, clamorosi, errori. Società schizofrenica la nostra: da un lato si spendono fiumi di parole per la coesistenza pacifica fra i popoli, dall’altro non si riesce a giungere al disarmo completo, mentre si è capaci di litigare anche soltanto per la scelta della sede di una conferenza internazionale di pace; proliferano i focolai di guerra e le spinte etnico-indipendentistiche mentre nelle nazioni più “evolute” risorgono pericolosamente i movimenti razzisti e neo-nazisti. Cosa resta di quel 9 novembre 1989? In Italia resta la festa del “Giorno della Libertà”, indetta, con la legge n. 61/2005, solennizzante i valori della democrazia e libertà, la democrazia di un popolo che non sceglie neanche i propri rappresentanti, ma che si arroga il diritto di insegnare questo ideale a chi non lo conosce; libertà di un Paese in cui ancora esiste la censura ma la chiamano “diffamazione”. Nel resto del mondo restano bambini buttati in mare, altri che imbracciano un fucile regalatogli dai Potenti, altri che mangiano dalle discariche dei Civili. Una domanda sorge spontanea: Il Muro è caduto?