Si concluderà il 23 agosto 2015 la mostra La Grande Guerra- Arte, Luoghi , Propaganda sezione che viene ospita presso il Palazzo Zevallos Stigliano Società , Propaganda e Consenso a cura di Dario Cimorelli e Anna Villari . La mostra inserita nell’ambito del programma nazionale delle commemorazioni per il Centenario sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli Anniversari di Interesse Nazionale e con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nonché del Ministero della Difesa,con il patrocinio del Comune di Napoli. La mostra racconta il ruolo della propaganda e la risposta sociale a essa, proiettando lo spettatore nel clima martellante, nel ritmo frenetico e nei diversi linguaggi visivi e verbali di quegli anni. Protagonisti sono quindi non la successione degli eventi bellici o politici, che rimangono come scenario ineludibile, ma quello che si vuole far percepire, le emozioni e le azioni che si vogliono suscitare lontano dal fronte: la pietà, l’orrore, la rabbia, l’orgoglio, il riscatto, prima e dopo la sconfitta di Caporetto, con la nuova presa di coscienza che ne conseguì da parte dell’intero paese.
In mostra i manifesti dell’epoca – realizzati anche da artisti come Marcello Dudovich, Achille Luciano Mauzan, Duilio Cambellotti – allora usati come strumento privilegiato di comunicazione, di ricerca di consenso e anche di sostegno economico, attraverso le sei campagne per i prestiti nazionali che vennero indette tra il 1915 e il 1919. Un efficace mezzo di propaganda allora considerato all’avanguardia, e che si rivelò utilissimo per far sentire coesa e partecipe la popolazione, per responsabilizzarla, per avvertirla dei pericoli imminenti, per convincerla ad adottare particolari precauzioni o, appunto, a fornire supporto economico al paese e aiuti di vario genere. Un allestimento multimediale, con sonoro, filmati originali e proiezioni grafiche tratte da riviste e giornali d’epoca, affianca l’evolversi dell’atmosfera e dell’umore del “fronte interno”. Ad accompagnare il visitatore tra i differenti approcci psicologici e sociali alla guerra, anche un continuo confronto con i manifesti stranieri, il ricorso a brani musicali, che testimoniano l’enorme diffusione del tema della guerra anche nel campo della musica dalle composizioni d’autore, ai brani popolari, ai canti di guerra – e un focus sullo straordinario, nuovo linguaggio del Novecento, che ha allora nella Grande Guerra uno dei temi di maggior successo: il cinema. L’allestimento multimediale realizzato da N!03 si propone di rievocare, attorno alla presenza in mostra dei manifesti di propaganda, gli stati d’animo spesso contrastanti che coinvolsero la società civile durante l’avvicendarsi di una terribile e lunga guerra. Il racconto si articola in quattro video-racconti e sei video-raccolte di manifesti. I video-racconti sono composti da animazioni grafiche che estrapolano e spettacolarizzano parole, illustrazioni e simboli di manifesti propagandistici, da immagini di repertorio e da musiche che, per combinazione ritmica, dinamismo e potenza espressiva restituiscono le atmosfere dell’epoca. L’incessante bombardamento visivo che caratterizza la comunicazione della guerra, rivolta soprattutto alla popolazione civile, non lascia spazio per idee differenti. La tensione crescente che contraddistingue il dibattito politico tra neutralisti e interventisti nel periodo precedente all’entrata in guerra dell’Italia prende vita in un collage di manifesti e titoli di giornale ispirato alle composizioni futuriste. In particolare, nel secondo video-racconto, sincronizzato per due schermi posti uno di fronte all’altro, si ha una doppia percezione della guerra: da un lato le immagini più cruente ed esplicite dei combattimenti, dall’altro, la versione edulcorata dei fatti destinata alla società civile. La lontananza fisica che intercorre tra una proiezione e l’altra richiama la distanza reale che separava i luoghi d’origine dei soldati dai luoghi di guerra, e allo stesso tempo evoca il vuoto emotivo tra due realtà differenti e remote. La disfatta di Caporetto e l’alternarsi degli stati d’animo legati alla storica débacle delle truppe italiane viene raccontato da un apposito video dove lo scambio di lettere di un soldato con la sua fidanzata introduce un altro livello di comunicazione, più intimo e privato, che contrasta con l’immagine ufficialmente diffusa della guerra. Inoltre, ad accompagnare il percorso espositivo e i manifesti presentati in mostra, alcune video-raccolte con approfondimenti tematici permettono al pubblico di avere una visione più ampia del fenomeno e dell’uso della propaganda. In questo senso, un’ultima proiezione ripropone spezzoni cinematografici evidenziando quanto fosse già importante e diffusa quest’ultima sotto ogni forma, anche quella del cinema. Come ci dicono i Dario Cimorelli e Anna Villari: “Italia turrita, tricolore ovunque, corone e spade; e ancora, figure femminili imploranti con lo sguardo al cielo, o battagliere che incitano al riscatto, soldati mutilati che hanno dato perfino la propria carne, gambe, braccia, occhi, e che chiedono ora il sacrificio di chi è al sicuro nelle proprie case, bambini coscienziosi che accettano ogni privazione pur di veder ritornare a casa il padre. Sono state queste le icone ricorrenti degli anni di guerra, le immagini e i simboli ai quali i cittadini sono stati quotidianamente abituati dall’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale fino alla sua fine e oltre.
È durante la Grande Guerra che diviene per la prima volta evidente che la partecipazione, la coesione, il sacrificio dei cittadini, se non addirittura – così si pensa – la vittoria, si possono ottenere anche facendo uso, consapevole e guidato, di parole, frasi – brevi ed efficaci, veri e propri slogan – di immagini, ma anche di musiche, canzoni o, cavalcando il successo delle nuove tecnologie, filmati cinematografici. L’imperativo è convincere, educare la collettività, condurla nei suoi minimi comportamenti, usando la parola scritta, quotidiani, giornali, rotocalchi, ma anche piegando a nuove regole linguaggi per lo più recentissimi e moderni, dai quali il pubblico non può che rimanere catturato. Tra i tanti linguaggi adoperati con questi scopi quello del manifesto pubblicitario è sin dall’inizio uno dei più diffusi e capillari. Che siano di solo testo, informativi, o veri e proprio quadri figurati, i manifesti invadono poco a poco le strade e le piazze cittadine. Il ritmo di questo tipo di comunicazione diviene subito martellante: pareti intere vengono tappezzate dei medesimi slogan, dei medesimi motivi, di ogni dimensione. Decine di fotografie ci restituiscono un’Italia urbana costellata tra il 1915 e il 1919 di messaggi di propaganda, dispiegati in ogni formato. Il manifesto pubblicitario aveva avuto il suo felice exploit tra fine Ottocento e inizi Novecento, anche se con intenti e modalità espressive completamente differenti. Era un mondo felice, fiducioso nel futuro, incamminato, si sarebbe detto senza possibilità di ritorno, sulla via del progresso e della prosperità, quello messo in scena appena pochi anni prima nei manifesti italiani ed europei. Non erano certo i problemi dell’emigrazione, delle rivendicazioni salariali, delle disuguaglianze sociali ad emergere dalle sgargianti réclame di inizio secolo, ma piuttosto l’entusiasmo per i mezzi di locomozione – dalla bicicletta all’automobile all’aeroplano – per il riscaldamento e l’illuminazione, per lampadine a incandescenza, gli apparecchi a gas, i quotidiani e i rotocalchi, i liquori e i preparati alimentari, i miracolosi prodotti di bellezza, le ditte di abbigliamento, le esposizioni d’arte, industriali o di igiene, le competizioni sportive, gli spettacoli teatrali e quelli del cinematografo. In un’epoca di trasformazioni economiche e sociali, mentre avanzava la classe dei nuovi ricchi e della borghesia e una parte della società cominciava a scoprire il piacere delle comodità, dell’agiatezza, perfino del superfluo, il manifesto pubblicitario serviva a reclamizzare le scoperte del secolo, ed era diventato in breve tempo da una parte efficace strumento di comunicazione, dall’altra nuovissimo campo di sperimentazione visiva, canale attraverso il quale l’artista moderno poteva veicolare la propria creatività; vi si stavano dedicando infatti sin dai primi anni del secolo artisti come Marcello Dudovich, Leopoldo Metlicovitz, Aleardo Terzi, Plinio Nomellini, Giovanni Mataloni, Galileo Chini, Leonardo Bistolfi, Enrico Lionne, Umberto Boccioni, Duilio Cambellotti – i cartellonisti sono spesso anche pittori, scultori, ceramisti, illustratori, decoratori – che tendevano ad applicare anche al manifesto gli eleganti stilemi delle tendenze figurative del momento. Poi, improvvisamente, tutto cambia” . “Sono passati cento anni dall’immane tragedia della Prima guerra mondiale, la cosiddetta Grande Guerra, che coinvolse le principali potenze mondiali e molte di quelle minori, provocando un numero enorme di vittime e di feriti. Questa mostra – dichiara Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo – si propone di indagare con un taglio innovativo le ragioni di un conflitto che tanto profondamente ha inciso sui destini dell’Europa e del mondo”. Il Professore aggiunge che “ricordare oggi – in tempi di grave crisi, di tensioni culturali e politiche mondiali – quegli avvenimenti e quei sacrifici vuole essere un monito, rivolto in particolare alle nuove generazioni, a riscoprire i valori della pace e dell’armonia fra i popoli.”
Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano
Via Toledo 185,
La Grande Guerra. Società, propaganda, consenso
3 aprile – 23 agosto 2015
Orari: dal martedì al venerdì 10.00 – 18.00; sabato e domenica 10.00 – 20.00 – le Gallerie di Palazzo Zevallos Stigliano sono regolarmente aperte nei seguenti giorni: Pasqua, Pasquetta,
25 aprile, 1° maggio, 1° giugno, 2 giugno
Ingresso : biglietto congiunto mostra temporanea e collezioni permanenti: intero € 7, ridotto € 5
Informazioni e prenotazioni
numero verde 800.454229
info@palazzozevallos.com