Intervista al suo autore Marco Lombardi
Marco Lombardi ha presentato il suo libro ‘Gustose Visioni’ alla libreria IBS di Roma (insieme al giornalista di ‘Libero’: Giuseppe Pollicelli e al regista Ferdinando Vicentini Orgnani). Marco Lombardi – docente di ‘Cinema ed enogastronomia’ all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli e giornalista enogastronomico, scrive per il Gambero Rosso e Il Messaggero – è soprattutto l’inventore della ‘Cinegustologia’, un metodo per raccontare il cinema e la tavola con libere associazioni incrociate. Istintivamente si usano gusto e tatto per raccontare un film, per esempio una commedia romantica è definita ‘dolce e tenera’, così come un film sexy è una storia ‘piccante’. Antropologicamente il cibo è una delle componenti fondamentali della cultura di un popolo ed è presente in tutti i film con la sua valenza relazionale, non c’è pellicola in cui una storia d’amore non finisca prima o poi a tavola. Soprattutto in un periodo di crisi, come quello attuale, la ricchezza è quella esibita a tavola o anche solo guardata: come «l’overdose televisiva di enogastronomia». L’enogastronomia è anche moda e in quanto tale ha permeato il cinema, che è senz’altro una forma d’arte ‘sensuale’. Un piatto viene mangiato innanzitutto con gli occhi (così come il cinema coinvolge vista e udito) poi arriva l’olfatto, il gusto, il tatto e anche l’udito con i cibi croccanti.
Il libro è diviso in due parti, una prima più teorica e il dizionario tripartito: 1) l’enogastronomia che fotografa una comunità, un gruppo sociale, una nazione, un’epoca (in cui troviamo film che vanno da ‘La grande abbuffata’ di Marco Ferreri a ‘Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante’ di Peter Greenaway, ‘La fabbrica di cioccolato’ di Tim Burton, ‘La cena dei cretini’ di Francis Veber fino ai recenti ‘Zoran, il mio nipote scemo’ di Matteo Oleotto e ‘Hungry Hearts’ di Saverio Costanzo) 2) l’enogastronomia come discorso etico politico (da ‘Super Size me’ di Morgan Spurlock a ‘Terra Madre’ di Ermanno Olmi, fino a ‘Resistenza naturale’ di Jonathan Nossiter) 3) l’enogastronomia come motore di liberazione sessuale (da ‘Il pranzo di Babette’ di Gabrile Axel a ‘Il silenzio degli Innocenti’ Jonathan Demme, ‘Il diario di Bridget Jones’ di Sharon Maguire, ‘Sideways – in viaggio con Jack’ di Alexander Payne fino a ‘Un tocco di zenzero’ di Tassos Boulmetis e ‘Vinodentro’ di Ferdinando Vicentini Orgnani). La prefazione è del rinomato chef del ristorante La Pergola, Heinz Beck, che paragona i protagonisti (come il topolino Remy) di ‘Ratatouille’ alla sua cucina da favola. Marco Lombardi ha risposto ad alcune mie curiosità.
D. Come hai operato la selezione tra una quantità enorme di film?
R. Non ho scelto i film che hanno importanti scene a tavola, sarebbero stati troppi, ma quelli in cui l’enogastronomia è protagonista. Il libro è nato in aula, all’università, dopo cinque anni di lezioni. Ho iniziato con la cinegustologia e nell’ultimo anno mi sono fatto aiutare dagli studenti per trovare film con queste caratteristiche.
D. Ci sono film che ti piace rivedere?
R. Inizio a godermi i film dalla terza visione, la prima volta cerco di costruire dentro di me la sceneggiatura, la griglia, dopo li apprezzo meglio. Ho visto molte volte ‘Terra Madre’, ‘La grande abbuffata’, ‘Julie & Julia’, ‘Sideways’.
D. C’è qualche scena che, cinegustologicamente parlando, ritieni emblematica?
R. La ‘poesia di merda’ de ‘La grande abbuffata’, quella specie battistero di foie-gras che prepara Ugo Tognazzi quando due suoi amici sono già morti, e cerca di morire insieme a Michel Piccoli. Dobbiamo mangiare anche se non ne abbiamo voglia, non abbiamo appetito o desiderio del piacere del cibo. A me suscita la tentazione di assaggiare, ci saranno quattro-cinque chili di pâté, in cui mi viene voglia di affondare il cucchiaino. Un’altra è la scena con lo champagne di Sideways, quando Paul Giamatti si è liberato dall’oppressione della conoscenza, trovando un punto d’incontro tra la piacevolezza del vivere senza troppe sovrastrutture e un certo livello di cultura, e si concede dello champagne in un fast-food bevendolo in bicchieri di carta.
D. Cosa pensi dei film di Nossiter, ‘Mondovino’ e ‘Resistenza naturale’?
R. ‘Mondovino’ risulta noioso, più documentario che film. Inoltre Nossiter è troppo schierato, dice cose che in assoluto sono giuste ma divide il mondo in buoni e cattivi, per cui tutte le multinazionali sono cattive non facendo distinzioni. Come in ‘Resistenza Naturale’ dove il mondo del biologico è presentato tutto come buono, mentre oggi è diventato un business e in alcuni casi è uno ‘specchietto per le allodole’. Gli stessi vignaioli mi hanno spiegato che la scena della zolla di terra così diversa presa in due vigne limitrofe è inverosimile quando la distanza tra le due è così limitata, non è un caso che per i processi di conversione biologica del terreno occorrono anni… Il film non è male da un punto di vista cinematografico ma la realtà è più articolata di messaggi che rischiano di essere semplici slogan populisti. Tecnicamente dovrebbe essere un documentario ma rischia di essere più fiction di una fiction perché non allarga lo sguardo sul mondo del biologico limitandosi a pochissimi esempi.
D. Cosa pensi dei vini naturali?
R. Ho partecipato a ‘Vinnatur’ e ho scoperto dei vini notevoli, spesso si tratta di vini naturali che non seguono gli schemi. Anche in questo ambito si rischia la standardizzazione del gusto (‘non bisogna usare il legno… etc.’) omologando le tipologie di sapori. Quelli che si muovono in maniera più libera riescono a realizzare prodotti favolosi con sapori che spiazzano, a cui non siamo abituati. I veri biologici sono spesso quelli che non hanno bisogno di etichette.
Un libro da degustare, assaggiare, sbocconcellare, prima, dopo o lontano dai pasti o da un film.
«…a tavola può nascere o morire un’amicizia o un amore, o più semplicemente una progettualità comune, di qualunque genere essa sia».
Marco Lombardi
‘Gustose Visioni’
dizionario del cinema enogastronomico
Iacobellieditore
prezzo: 15 euro