La mia voce (Oscar Wilde)
In questo irrequieto mondo d’oggi, affannoso,
Godemmo ogni piacere del cuore, io e Te: le bianche
Vele della nostra nave ora sono ammainate,
Vuota la stiva d’ogni suo tesoro.
Pallide le mie guance per ciò fatte,
Anzi tempo, sommersa ogni lietezza nel pianto,
Dalle mie labbra svanito per dolore il vermiglio
E già la Morte richiude le cortine del mio letto.
Ma questa vita così folta è stata
Per te non altro che lira o liuto
O fascino sottile di viole, o l’eco della musica del mare
Addormentato dentro la conchiglia.
Il commento a volte deve cedere il passo alle sensazioni vissute da chi scrive, alla mano che traccia l’inchiostro su foglio, alle parole che prendono vita e reclamano spazio.
Commentare non è sempre facile soprattutto quando la poesia di per sé lascia a bocca vuota, spalancata nello stupore della completezza.
È un silenzio che si concentra nell’incorporazione di quelle parole che sfiorano l’assuefazione dei neuroni.
Le sinapsi lasciano spazio ai brividi quando ciò che leggi marca le linee di una parte di te, presente o passata.
Ci sono argomenti che tutti sviscerano sulla propria pelle prima o poi. Il dolore è un sentimento universale e imprescindibile, non per questo assolutamente ostile e macabro, perché è bene ricordare che – Oriana Fallaci docet – “chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince”.
È un silenzio che trova l’apice della propria meraviglia nell’affascinante splendore dell’ultimo pezzo che sbaraglia via tutte le ultime parole dalla propria mente:
Ma questa vita così folta è stata
Per te non altro che lira o liuto
O fascino sottile di viole, o l’eco della musica del mare
Addormentato dentro la conchiglia.
Frammenti di arte assoluta. Gocce di genio. Chapeau.