Il Jarmusch Club di Caserta si dimostra un luogo all’avanguardia. Nel locale di via Cesare Battisti, lo scorso dicembre è stato proiettato il documentario “La Trattativa”, a cui ha fatto seguito un dibattito interessante insieme alla regista Sabina Guzzanti. La pellicola, uscita nelle sale lo scorso 2 ottobre, ha fatto molto parlare di sé, in quanto apre una feroce discussione su uno degli argomenti più intriganti degli ultimi anni in Italia: la trattativa tra lo Stato e la Mafia.
Per una sera, il club di Sossio Lupoli si è trasformato in una sala cinematografica, in cui hanno preso posto oltre cento persone, stipate tra le mura del caratteristico club casertano. Tante persone che non hanno voluto mancare alla visione di un prodotto che i media italiani hanno censurato quasi del tutto. Come svelato dalla Guzzanti, solo pochi cinema hanno consentito la proiezione del documentario che di fatti è stato pubblicizzato da tutti quelli che sono i media alternativi e distribuito in sole tre sale italiane: Roma, Milano e Torino. Per il resto, posti di tutt’Italia come il Jarmusch Club si sono presi la briga di diffondere nel proprio pubblico un documentario che non ha avuto e non avrà vita facile.
Sempre la Guzzanti, nella sua serie di rivelazioni fatte dopo la proiezione, ha affermato che il titolo sarebbe dovuto essere in realtà un altro, “La Trattativa Stato Mafia”, ma la casa di distribuzione ha fatto muro davanti a tale scelta, rendendola consapevole che con quel nome, nessun cinema si sarebbe preso la responsabilità di farlo vedere. Difficoltà che la poliedrica artista romana (che da anni veste i panni della regista, attrice, comica, blogger ed anche cantante) sta riscontrando già da diversi anni, tanto da esprimere tale concetto: “Se dopo l’uscita di Draquila il mio cellulare ha squillato solo in poche circostanze, ora con La Trattativa mi posso dimenticare di ricevere chiamate. Questo affronto l’ho pagato caro ma ne vale la pena per estendere la verità su tali fatti”. Un’allusione al fatto che in Italia, quando si tratta di toccare temi scottanti come la denuncia della politica dell’emergenza adottata a l’Aquila dopo il terremoto del 2009 o l’inchiesta sulla presunta trattativa che dal 1994 intercorre tra lo Stato Italiano e Cosa Nostra, il popolo italiano preferisce chiudersi a riccio, rifiutando discorsi che sono ritenuti complottistici.
Non si spiega allora perché gli esercenti di tante multisala non abbiano voluto proiettare un documentario che induce alla riflessione su ciò che è potuto avvenire non solo in Sicilia ma in tutt’Italia prima, dopo e durante la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Elementi che hanno spinto Sabina Guzzanti ad aprire la sua inchiesta sui rapporti che sono venuti a crearsi tra l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e personaggi dal pedigree non proprio regale, sulla figura di Massimo Ciancimino che negli anni 2000 ha disorientato e non poco la magistratura con rivelazioni incredibili che hanno dato altra lettura a numerosi processi ed alle relative sentenze, sulla onorabilità di politici e rappresentanti delle forze dell’ordine che negano il proprio legame alla faccenda, in primis Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino.
Questo è altro ancora è visibile ne “La Trattativa”, documentario che tutti dovrebbero vedere, per aprire gli occhi su ciò che si cela nelle tesi raccontateci dai mass media. Senza dimenticare la colonna sonora del maestro Nicola Piovani ed un cast di attori impegnati che non ha negato la disponibilità alla Guzzanti, alla sua terza opera d’inchiesta dopo Viva Zapatero!, Draquila la Terra che Trema e La Trattativa. Prodotti che hanno un valore inestimabile ma che, come ribadito dall’artista “rischiano di essere dimenticati qualora la gente non ne parli e ne diffonda la visione in più posti possibili”.