Natori, Giappone – Undici anni dopo il disastroso sisma e tsunami del 2011, una storia commovente riaccende i riflettori sul potere terapeutico della cultura popolare nel processo di elaborazione del lutto. Protagonista è Yuko Tanno, una madre che ha trasformato la passione di suo figlio per i manga in un ponte tra la vita e la memoria.
La tragedia dell’11 marzo 2011
L’11 marzo 2011 un terremoto di magnitudo 9.0 colpì la regione del Tōhoku, in Giappone, generando uno tsunami con onde alte fino a 40 metri che devastò la costa nordorientale. Il bilancio fu drammatico: oltre 18.000 vittime, tra cui circa 3.000 persone mai ritrovate, e intere città cancellate, come Natori, nella prefettura di Miyagi, dove viveva Yuko Tanno con il figlio tredicenne Kota.
Kota e l’amore per i manga
Kota, come molti coetanei giapponesi, era un appassionato lettore di Weekly Shonen Jump, la celebre rivista di manga edita da Shueisha dal 1968, che ha lanciato serie iconiche come Dragon Ball, One Piece e Naruto. Per Kota quelle storie non erano solo intrattenimento, ma un universo parallelo in cui immergersi. Dopo la sua scomparsa, Yuko ha ritrovato tra le macerie della loro casa il corpo del figlio e con esso un pensiero struggente: forse era preoccupato per le storie che non avrebbe mai finito di leggere.
I manga come rituale di memoria
Per onorare Kota, Yuko ha deposto nella sua bara alcune copie della rivista, avviando un rituale che dura da oltre un decennio. Oggi, sull’altare buddista dedicato al figlio, accanto a foto e offerte tradizionali, svettano pile di Weekly Shonen Jump. Ma Yuko è andata oltre: ogni lunedì, acquista una nuova copia del magazine, mantenendo viva l’abitudine che era di Kota. Ha inoltre recuperato tutti i numeri usciti dopo la sua morte, completando una collezione che simbolicamente “ripara” l’interrotto legame con il tempo perduto.
Un gesto che parla al Paese
La storia di Yuko, riportata da media locali e ripresa da testate come NHK e Asahi Shimbun, ha toccato il cuore del Giappone, dove i manga non sono solo un fenomeno commerciale (un mercato da 612 miliardi di yen nel 2022, secondo il Research Institute for Publications), ma un pilastro culturale. “I manga sono storie che ci accompagnano nella vita e, per alcuni, diventano parte dell’anima”, ha commentato il sociologo Hiroshi Tanaka in un’intervista a Japan Times.
Elaborare il lutto attraverso i simboli
Psicologi ed esperti di tradizioni nipponiche sottolineano come il gesto di Yuko rifletta una pratica diffusa: l’uso di oggetti simbolici per elaborare il dolore. “In Giappone, gli altarini domestici (butsudan) sono spazi in cui i defunti restano presenti attraverso ciò che amavano”, spiega la studiosa di cultura giapponese Akira Matsui. “Yuko ha fatto dei manga un linguaggio d’amore, trasformando il lutto in un dialogo continuo”.
Oltre la tragedia, una lezione universale
La vicenda di Yuko Tanno non è solo una storia di resilienza, ma un invito a riconoscere il valore terapeutico delle passioni condivise. In un’epoca segnata da perdite e incertezze, il suo gesto ricorda che gli oggetti, anche i più semplici, possono diventare custodi di ricordi e ponti verso chi non c’è più.