– Che musica ascolteresti se ti dovessero parlare dell’opera The Floating Piers sul Lago d’Iseo?
– Ascolterei ‘Iron Sky’ di Paolo Nutini.
Una domanda che ho rivolto, mentre ragionavo sull’istallazione di Christo e Jeanne- Claude ad un’amica.
Il senso che Paolo Nutini dà ad Iron Sky è : credere di avere il potere di rendere la vita libera dall’avidità e dal concetto di uomo macchina, figlio del progresso, guadagnando la possibilità di potersi esprimere liberamente. La canzone incita ad una sorta di rivoluzione di pensiero, una rivoluzione che potremmo ricondurre alle modalità di fruizione contemporanea e alle forme di espressività artistica degli individui.
Christo oggi lavora da solo, ma la sua carriera e la sua vita l’ha condivisa con la moglie Janne- Claude, morta qualche anno fa. Il loro lavoro, per certi versi, è una sorta di rivolta. L’idea dell’impacchettamento, riconducibile all’opera “Enigma di Isidore Ducasse” di Man Ray, realizzato nel 1920, è porre un velo ad edifici monumentali o luoghi naturali per dare la possibilità di tirare fuori l’immaginazione del fruitore ed unire l’azione estetica col cogitare dello spettatore, ricercando lo stupore che resta nella memoria di chi osserva.
Dal punto di vista artistico la fenomenologia dell’arte del nostro tempo sembra non considerare l’idea che il «ritorno alle cose stesse» di husserliana memoria sia la strada giusta da intraprendere.
L’opera che stiamo analizzando, da molti, viene intesa come un’espressione di Land Art, tendenza artistica che si è sviluppata alla fine degli anni ’60 negli Stati Uniti, nata dall’esigenza di appropriarsi di nuovi spazi, immensi e incontaminati.
E’ Land Art? Premesso che, la dimensione en plein air viene estremizzata, per creare un’opposizione all’artificio degli spazi geometrici e monumentali della città e che non sono opere create per essere collocate nella natura, ma la stessa diventa lo strumento per segni effimeri che ritornano all’ignoto nel breve periodo, ci si deve chiedere se tutto questo è presente nell’istallazione dei due artisti.
Continuando a scrivere mi ritorna alla mente un’immagine apparsa su Facebook, proprio mentre ammiravo i disegni di Christo fotografati da André Grossmann e Wolfgang Volz, un’immagine di una disarmante filantropia e un tagliente sarcasmo che, da post, recitava “Lego d’Iseo” e che ricreava una pseudo passerella fatta di mattoncini Lego su un lavandino pieno d’acqua.
Sono molti mesi che si parla dell’istallazione di Christo, come del resto è successo anche dell’Expo di Milano, se ne è parlato come se questi processi territoriali nascano per diventare dispositivi di attrazione turistica tramite i rumor di polemiche, critiche e analisi che essi provocano.
Ma cosa bisogna osservare in tutto ciò? E soprattutto come ci si interessa, davvero, della questione “the floating piers”?
Partendo da un’analisi urbana, soprattutto dei flussi di utenza, si arriva a constatare che il loro relativo meccanismo gestionale poteva essere organizzato, presupponendo la contestualizzazione digitale contemporanea dell’opera, con una connessione in tempo reale fra la disponibilità di spazio e accessi e non semplicemente sul piano scritto di sistemi di parcheggi sulla rete stradale, prevenendo così le gran code verificatesi. Nella Regione prealpina, nei pressi del Lago d’Iseo, è stato come vedere il parcheggio strapieno di un locale alla moda, dove molto spesso ci si ferma per curiosità. Il personale specializzato di settore, predisposto dagli Enti Locali, ha tentato di pianificare una sorta di mobilità di ingresso e di uscita per e da il Lago prealpino che però è risultata fallita se si considera ancora una volta la “vittoria dell’automobilista”.
Quindi qual è la vera capacità dell’opera, considerato il sovradimensionamento di flussi e di utenze?
Inquadriamo l’opera, valutiamo se esiste davvero un suo equilibrio artistico dell’insieme.
Le critiche si sono mosse tra questi due estremi:
– I pontili fluttuanti sono un esempio di land- art.
– I pontili fluttuanti sono una giostra su un panorama suggestivo.
La prima considerazione parte dall’impacchettatura di Christo e consacra ad evoluzione stilistica Floating Piers, la seconda valuta l’importanza conservazionista dell’opera in relazione al paesaggio lacustre e alle sue preesistenze storiche, ma reputano l’istallazione un mero esempio di architettura temporanea.
L’intuizione di Christo risale a molti anni fa e il progetto è stato respinto in vari contesti simili al Lago d’Iseo. Che il contesto italiano sia diventato una sorta di tela bianca per un progetto rigettato da altri? Forse, The Floating Piers, ponendo alternative ai “traghetti Caronte” da una sponda all’altra passando per Montisola, vuole farci camminare in un paesaggio particolare che per un pubblico distratto nemmeno esisteva. Tutto ciò, però, doveva essere integrato a pieno nell’insieme dei parcheggi e degli accessi, degli snodi ferroviari e di tutte le infrastrutture e i trasporti di collegamento, allora sì, che i due flussi di incrocio pedonale, andata e ritorno, sulla stessa passerella avrebbero avuto una declinazione di processo di mobilità integrato.
Oggi che significato ha un’opera come The Floating Piers?
L’accorrere di un pubblico così numeroso, non ci pone di fronte a una “necessità artistica”, ma solo davanti alla vanità dell’autore e al gioco facile della ripetizione di opere già viste (Sourrounded Islands – Florida, 1980-83).
Forse la vera rivolta di pensiero non dovrebbe arrivare dall’opera/istallazione in questione, ma dal saper notare tutto quello che, in diffusione di azioni concordate e partecipazione alla pianificazione strategica dei luoghi, porta un cittadino a passeggiare sull’acqua, anche se questo cittadino, oggi, contempla il frenetico smantellamento del suo “fluttuante passaggio prealpino”.
@Angelo Martone e Stella Grieco
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