“La Storia siamo Noi…” . Questo il nome della mostra fotografica presentata dalla Pro Loco di Casapulla nell’ambito della Notte Bianca, organizzata per lo scorso 18 dicembre e ispirata alla nota canzone De Gregori. Le foto sono tratte da Casapulla Amarcord, una pagina facebook in cui ciascun iscritto può condividere scatti d’epoca conservati negli album di famiglia, mettere a parte tutti gli altri dei propri ricordi, riannodare la memoria con la terra d’origine quando, da emigrante, sente il bisogno di tornare a casa. Le foto partono dalla fine Ottocento e arrivano ai giorni nostri, passando per le esperienze della prima e della seconda guerra mondiale, durante le quali molte madri videro i propri figli scomparire, giovanissimi, sotto i colori anonimi di una divisa. Alla seconda guerra mondiale appartengono certamente le scene con un gruppo di soldati stranieri sullo sfondo del campanile di Sant’Elpidio e quella in interno con i soldati in attesa del rancio, preparato in enormi pentoloni. Giorni sereni in cui la guerra c’era sul serio e mieteva miseria e paura. A consolare la paura c’era la fede, che si trasformava in momento collettivo durante le messe e le processioni: per la festa di Sant’Elpidio (26 maggio); per la Madonna del Rosario (seconda domenica d’ottobre); per il Corpus Domini. La tradizione vuole che per la processione di Sant’Elpidio la statua del santo lasci la chiesa attraversando il piazzale Giovanni XXIII, portata in trionfo dagli accollatori e attraversi le vie della città, cogliendo volti, divise, fogge sempre diverse a seconda delle epoche storiche. Nei cortei spiccano la banda del paese e i membri della Congrega del SS. Corpo di Cristo; ancora si riconoscono Don Andrea della Chiesa di Sant’Elpidio e Don Filippo della Chiesa di San Luca che portano la teca piramidale con le sacre reliquie, rubate insieme alle preziose vesti negli anni ’80 del secolo scorso. Casapulla riuscì a riavere altre reliquie solo dalla Cattedrale di Salerno, dove il corpo del santo è attualmente conservato. Le inquadrature delle scene spesso sono prese dall’alto o dai balconi, da cui si poteva assistere alla processione senza mischiarsi alla calca. Qualcuno, dalla strada, alza lo sguardo e sorride all’obiettivo di un amico, un parente, un familiare.
Tra le processioni storiche si ricordano la vestizione da prete di Don Raimondo Pasquariello e il più antico funerale di Bonaventura Natale, esponente del partito fascista morto in un incidente aereo durante la guerra e celebrato secondo il protocollo militare. Bonaventura era parente della maestra Pia Natale, ritratta nella sezione delle foto scolastiche che riprendono alcune classi materne, elementari e medie dell’Istituto comprensivo Giacomo Stroffolini, inamidate nei severi grembiulini con i colletti bianchi corredati dal nastro tricolore. Un tempo l’educazione era un valore, i professori erano stimati e apprezzati e rappresentavano un punto di riferimento affettivo molto forte per il futuro adulto, specie nei piccoli paesi. A Casapulla altre indimenticabili istituzioni furono, oltre alla maestra Pia, la maestra Marmo, che insegnava alle materne, e il professore Lieto, che insegnava alle elementari. Per alcuni invece c’erano le più severe scuole delle Ancelle dell’Immacolata il cui fondatore, don Donato Giannotti, era originario proprio di Casapulla.
Forza viva dell’economia erano i mestieri, molti dei quali sono ormai scomparsi portando via odori, sapori, tradizioni, abilità. Spesso erano lavori che duravano tutta la vita, a volte gli unici possibili, ma avevano il pregio di creare simpatiche relazioni di amicizia e sentimenti di affezione. Le donne trascorrevano molto tempo a fare il bucato, che stendevano al sole nei portoni. Molti altri pomeriggi li dedicavano a cucire, rammendare e ricamare, avendo imparato da bambine a confezionare molto di quanto serviva alla famiglia in caso di necessità. Altra fonte di reddito erano le fornaci, presso le quali lavoravano anche i bambini che non avevano possibilità di garantirsi un’educazione. Ve n’erano diverse, che producevano manufatti in creta e mattoni, consolidati in apposite formine di legno.
Altra tipica produzione era quella del torrone: quello dei “Maddaluna” era esportato in tutto il mondo e si spartiva il mercato con il torronificio dei Santillo, a via Stroffolini. Il laboratorio dei Maddaluna, fondato nel 1913, era affiancato ad un bar-pasticceria in cui lavorava la bravissima “Nennella”, che figura in una posa inedita con i nipoti. Gli eredi Maddaluna conservano ancora l’antica ricetta del torrone ma hanno abbandonato del tutto la produzione. In epoca fascista il torronificio ricevette numerose onorificenze, che furono poste sotto le ali spiegate dell’aquila a guardia del negozio. Un membro della famiglia Maddaluna ebbe anche una parte nel film “Sciuscià”, pellicola del 1946 per la regia di Vittorio de Sica, considerata uno dei capolavori del neorealismo italiano.
Tra le attrazioni di Casapulla vi era il ristorante Mastroianni, meta di raffinate cerimonie. Il proprietario compare ora nelle cucine, accanto ad un compìto cameriere mentre procede alla marinatura della carne da arrostire, ora alla cassa con la moglie, ora a tavola con un gruppo di amici, dinanzi a una vetrata con vista sulla bella campagna casapullese sgombra dal cemento. Spesso Mastroianni offriva il ristorante come sede per spettacoli teatrali, scene di cabaret o per la “Cantata dei Pastori”, durante le festività natalizie. Era anche molto attivo presso il Comune: lo vediamo in prima linea, in giacca e cravatta, nella Sala consiliare mentre riceve una Delegazione di cinesi per scambi interculturali.
E poi c’era un mondo fatto di pelle, legno e rasoio. Le scarpe rotte non si gettavano via ma andavano in riparazione dal calzolaio. Alfonso, l’ultimo “scarparo”, è ritratto nella sua bottega sulla strada dove con calma e pazienza rimette a nuovo le scarpe con calma e precisione. Tradizioni di alta falegnameria consentivano di fabbricare mobili su misura, porte e portoncini in pregiato legno massello. Un rito era poi il passaggio alla bottega del barbiere: ci si radeva, ci si tagliava i capelli, si chiacchierava, si leggeva il giornale. A volte ci si faceva persino la doccia, pratica fino agli anni ’80 per nulla diffusa nelle case, ma che tornava utile dopo un allenamento o una partita di calcetto. Appuntamento quotidiano era poi quello con la “munnezza”, prima che fosse necessario ricorrere alla differenziata. I due simpatici spazzini, ritratti con le scope di saggina e il loro fedele cane da compagnia, erano attesi con simpatia ad ogni angolo di strada.
Oltre al lavoro, a scandire le vite del paese c’era il matrimonio. La sposa casapullese usava lasciare la casa paterna per giungere fino in chiesa a piedi, accompagnata dal padre, tra l’ammirazione dei passanti che gettavano riso, petali di rose e confetti. Al rito seguivano i festeggiamenti: quando non era possibile offrire un ricevimento al ristorante, gli sposi pranzavano con i parenti nel cortile di casa, appositamente addobbato. Anche allora non si poteva sfuggire alle foto, da soli o con i parenti, a memoria del grande giorno che doveva unire la coppia per tutta la vita. Tra i personaggi in mostra si riconoscono Michele il barbiere, che fa baciamano in chiesa alla sua amatissima moglie; i coniugi Maddaluna; i coniugi Loasess- D’Albore e i famosi fuochisti Di Vico.
Ma la famiglia non era tutto. C’era l’amicizia. E quale strumento più utile del cibo per superare tutti i contrasti e i dissapori? Cene tra amici e pranzi istituzionali rappresentavano momenti di utile convivialità. In una foto si riconoscono i vigili urbani di Casapulla in divisa e, tra loro, Tonino o’ funtaniere, simpatico idraulico del Comune. Era lui a prendersi cura dei lavori privati presso le famiglie o delle fontane che si trovavano nelle piazzette principali o agli angoli delle strade per erogare acqua gratuita e sempre disponibile. Era divertente bere e rifocillarsi, dopo tante chiacchiere di piazza!
Momenti di condivisione più antichi erano invece gli incontri in cortile, in cui si tenevano spesso anche animali e un granaio per il fieno. Irrinunciabile momento di aggregazione come sempre era lo sport. Premi, gare e campionati vedevano impegnati uomini e donne, come testimonia il fatto che la squadra femminile di calcio di Casapulla giocasse in serie C. I maschietti cominciavano da bambini: eccoli in maglia gialla mentre posano nel campo di Don Andrea, sotto la guida del professore Berni, mitico insegnante di educazione fisica. Da grandi invece ci si allenava nell’antico campo sportivo “Bellarmino”, nell’attuale zona del mercato rionale. Ai nostri non piaceva solo il calcio, ma anche il basket. Tra gli appassionati di questo sport c’era Vittorio “Yamamonto”, soprannominato così perchè ricordava l’orso di un cartone animato a bordo di una motocicletta rossa.
Ogni tanto capitava di fare gite fuoriporta, in genere organizzate dalla chiesa, e scattare qualche foto ricordo come avvenne in occasione di un pellegrinaggio Casapulla – Montevergine. Di più antica tradizione l’irrinunciabile pic nic che si svolgeva il giovedì dopo Pasqua nel Vallone di Centopertose. L’antichità del rito è testimoniata dalla bellissima foto in cui al Vallone si arrivava con i carretti trainati da asinelli, oppure con le bici, invece che con le automobili.
Più recenti le foto a colori, che cominciano a diffondersi a partire dagli anni ’80. A questi anni risalgono: la cerimonia della posa della prima pietra della Chiesa di San Luca, che vede in prima linea il sindaco Granatello, il vescovo Diligenza e don Andrea; le foto scattate alla via Appia, ora innevata ora allagata a causa dell’inadeguata rete fognaria; la ristrutturazione della cupola del campanile della Chiesa di Sant’Elpidio, crollata a seguito di un fulmine.
Documenti, le foto. Immagini che possono raccontare, che possono ricordare. Un viso, un familiare che non c’è più, un momento felice, gli abiti diversi a seconda delle mode, del gusto, del ceto sociale. Un’esigenza antica e moderna scattare foto. E quando, agli inizi del Novecento, queste non erano così diffuse, si ricorreva alle foto dipinte, ritoccate a mano con il pennello. Certo le più romantiche sono quelle in interno, esaltate dal colore seppia che ne testimonia l’antichità oppure quelle che documentano lo stato degli antichi palazzi nobiliari, come il Palazzo Santoro. Ma sfilano con piacere anche quelle estemporanee, che immortalano icone di un tempo che fu, individuate dagli anziani con i loro soprannomi, mormorati sottovoce nel corso della Notte Bianca e rapidamente appuntati dalla sottoscritta: Carmela “a scagnata”; Vincenzo “o’ scheletro”; Bartoluccio o’ rre; Salvatore “Conciosse”; il ragioniere Omaggio…
E se molti casapullesi restarono nel paese e nella memoria, altri furono costretti ad andare – addirittura oltreoceano – in cerca di lavoro o di fortuna. Sono loro che ancora oggi “postano” da tutte le parti del mondo sulla pagina di Casapulla Amarcord per raccontarci il prosieguo delle storie. “…Perché è la gente che fa la Storia”, cantava De Gregori.