Kathrine Switzer era una gran bella ragazza, ma soprattutto con un caratterino testardo, troppo testardo per essere ancora il 1967, persino in America. Atleta professionista, si mise in testa di correre la Maratona di Boston, vietata alle donne come disciplina perchè considerate incapaci di correre per lunghe distanze alla pari degli uomini. Quando un organizzatore la scoprì – sebbene protetta alla vista dagli altri corridori che, capita l’impresa, tentavano di nasconderla ai giudici di gara – si infuriò al punto da insultarla e spintonarla alle spalle, per buttarla fuori percorso. Qui, lo scatto che immortala la scena. L’uomo a sinistra che la difende è il vecchio Arnie Briggs – suo allenatore e un padre putativo, per lei – mentre i 106 chili di muscoli sulla destra, che si stanno voltando per correre in soccorso, sono del fidanzato Tom Miller, iscritto alla competizione solo per farle da angelo custode. Era pur sempre il 1967. L’organizzatore finì gambe all’aria dopo una carezza di Tom, lei esitò un momento e il vecchio Arnie le urlò:”Corri, ragazza! Corri come fosse l’inferno!”. Tutto il pubblico in attesa al traguardo capì in quel momento che vi fosse una donna tra gli atleti e iniziò a incitarla a squarciagola – molti, guardandola, piangevano di commozione – finchè Kathrine tagliò alfine il traguardo in 4 ore e 20 minuti, tra gli applausi di uomini e donne in delirio. Una donna aveva appena dato prova pubblica di poter percorrere le stesse distanze degli uomini anche in corsa e la disciplina della maratona fu dichiarata universale. Dobbiamo tutte, e direi tutti, un Grazie a lei e al suo Tom. E di certo, anche un Grazie al vecchio Arnie. Non troppo vecchio, però. Nemmeno per essere il 1967.