A quasi quattro anni da quello che può essere considerato l’episodio più riuscito della saga, Mission: Impossible-protocollo fantasma, il 19 Agosto 2015 il segretissimo agente Ethan Hunt torna sul grande schermo con la sua Mission: Impossible-rogue nation.
La pellicola, diretta da Cristopher McQuarrie e con un cast azzeccatissimo (Tom Cruise, Jeremy Renner, Simon Pegg e Rebecca Ferguson), si rivela spenta e pallida se paragonata ai prequel.
La trama ricorda molto quella della terza stagione della serie tv statunitense “Chuck”; il capo della CIA ottiene che l’IMF venga chiuso a causa dei suoi comportamenti “anticonvenzionali” (in ultimo, la distruzione del Cremlino…). Ethan Hunt è irreperibile ma non smette di indagare su quella che sembra la missione più impossibile di sempre: sradicare il fantomatico “Sindacato”, organizzazione criminale internazionale formata da ex agenti e spie di tutto il mondo (scomparse o ritenute morte) decisa a creare un nuovo ordine mondiale.
La sproporzionata fiducia data a Cruise, onnipresente sulla scena, ha rappresentato, da un lato, la base dalla quale far nascere ogni componente secondaria oltre che una buona strategia di marketing; ma dall’altro, è diventato il pilastro vacillante dell’episodio, nel complesso pallido e poco trascinante. Cruise che oggi, a 53 anni, sta ancora ad aggrapparsi ad aerei al decollo, a gettarsi in una turbina stando in apnea per quattro minuti e a sfrecciare su bolidi a due ruote subito dopo essere stato defibrillato, a fare innumerevoli addominali e un numero che nemmeno la più abile ballerina di lap dance saprebbe imitare. Sforzi impossibili per un ragazzino figuriamoci per un uomo di “mezza età”.
Rogue Nation trasporta lo spettatore dalla Bielorussia a Cuba, dall’Austria all’Inghilterra, il tutto in un susseguirsi di inseguimenti ed intrighi, sempre ben misurati e senza mai sbalordire. La IMF diventa un gruppo, niente più pericolo e nessuna azione dal sapore impossibile; gli agenti più speciali della CIA addirittura sono mostrati in alcune scene come impacciati ma simpatici, salvati solo dalla dea bendata sempre dalla loro parte.
Un ruolo chiave, o per meglio dire ambiguo, viene attribuito anche alla protagonista femminile, contemporaneamente minaccia e alleata; ma anche spunto per il tributo con il quale il regista ha voluto rendere onore al maestro del brivido, Hitchcock, facendosi trovare, come da copione, a Casablanca.
Elementi quali la fotografia perfetta, gli effetti speciali ineccepibili, la scelta riuscitissima del cast rendono il prodotto stilisticamente e tecnicamente perfetto ma privo di un contenuto rilevante.