Si è tenuto venerdì 17 luglio presso il Museo Madre l’evento #EmptyMADRE per la prima volta in Campania. Durante questa serata unica nel suo genere, un gruppo di Instagramers ha avuto accesso alle sale del MADRE dopo l’orario di chiusura, con l’obiettivo di catturare e raccontare in assoluta libertà l’atmosfera affascinante del museo nella fase notturna, il saper raccontare la propria intima e particolare esperienza di visita e d’incontro con i linguaggi del contemporaneo. Il progetto è nato da un’idea dell’instagramer statunitense Dave Krugman che nel 2013 riesce a farsi dare il permesso dal Metropolitan Museum di New York di accedere al palazzo dopo l’orario di chiusura. Krugman coglie l’occasione al volo: invita altri instagramers e insieme iniziano a scattare fotografie e a condividerle in rete alle stanze deserte del Met. I risultati sono sorprendenti: le opere d’arte di uno dei più importanti Musei del mondo sono catturate nella loro solitudine, immerse in ambienti completamente vuoti. La prima cosa che ci viene in mente guardando alcune foto è che l’immagine dell’architettura deserta del museo ha qualcosa di non comune e di esclusivo, come se diventasse essa stessa (nuova) Opera d’Arte. Non ci vuole molto che il successo di #emptyMET travalica i confini degli Stati Uniti e arriva all’attenzione di Dolly Brown, instagramer londinese. Nel settembre 2014 è lei ad ospitare il movimento #empty e lo fa – niente poco di meno che – alla Royal Opera House di Londra, forse il più prestigioso Teatro d’opera al mondo.
Insieme ad altri 10 Instagramers Brown lancia l’evento #emptyROH una mattina del settembre 2014. Trattandosi di un teatro e non di un museo questa volta il racconto attraverso Instagram diventa un modo per scoprire il “dietro alle quinte”. L’esperienza, racconterà poi Brown, è unica: “Abbiamo visto i costumi di Manon, i fiori di ciliegio negli oggetti di scena di Madame Butterfly ed assistito alla classe di danza mattutina del Royal Ballet, qualcosa di veramente esclusivo”. Sempre Brown è la promotrice, appena un mese dopo, di un evento #emptyTate alla Tate Modern. Analizzandolo più in profondità, il successo del movimento #empty si può spiegare nella capacità di unire in un’unica esperienza tre esigenze. La prima è quella degli instagramers che possono usufruire di un momento unico ed esclusivo, quello di attraversare dei musei senza visitatori: “quando in uno spazio è occupato da una folla di persone spesso la bellezza della sua architettura tende a passare in secondo piano” racconta Brown “da soli invece si può sperimentare un senso di libertà creativa mai provato prima”. La seconda esigenza è quella dell’istituzione museale/culturale che vede promuoversi in modo praticamente gratuito e decisamente non convenzionale in rete, offrendo al pubblico un immaginario unico del suo patrimonio architettonico ed artistico e guadagnandone in visibilità. Ad esempio con #emptyMET il museo newyorkese ha quasi raddoppiato in poche ore i suoi followers su Instagram. La terza esigenza infine riguarda una nuova forma di accessibilità digitale: contribuisce – attraverso l’uso intelligente dei social media – a connettere il patrimonio culturale con un pubblico giovane, nativo digitale e spesso lontano dal vivere in modo quotidiano i musei e gli spazi culturali. In questo senso di “vuoto” il movimento #empty sembra avere solo il nome: in realtà un “vuoto” sa riempirlo, e in modo decisamente innovativo.
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