Giovedì 25 giugno, alle 18.00, si inaugura la Mostra “Mario Persico. Verso l’oltre” a cura di Massimo Bignardi e Ferdinando Creta presso il Museo Arcos di Benevento . La mostra si potrà visitare fino al 7 luglio 2015. Saranno presenti all’evento il Presidente della Provincia di Benevento Claudio Ricci e il Presedente della Camera di Commercio Antonio Campese . Come ci dice il Presidente Claudio Ricci : “Una programmazione per il Museo Arcos è ancora possibile grazie alla collaborazione della Camera di Commercio di Benevento e di tanti soggetti privati, nonché grazie al volontariato. Il Museo Arcos, i cui locali in completo abbandono furono restaurati dalla Provincia dieci anni fa, continua dunque a svolgere la sua azione culturale e di valorizzazione dell’arte sul territorio a favore della città capoluogo e del Sannio tutto. E questo grazie alla abnegazione ed al lavoro di quanti, insieme al direttore artistico Creta, con spirito di servizio, s’impegnano a dare corpo e vita ad una buona ed articolata programmazione. La presenza di tanti visitatori, registrati nel corso delle manifestazioni realizzate a tutt’oggi, sta a dimostrare il gradimento che l’offerta suscita. L’obiettivo rimane quello di proseguire lungo questo percorso e fare in modo che Arcos continui ad essere punto di riferimento sul territorio nazionale per la sua proposta artistica e per i tanti aspetti culturali che essa riesce promuovere”. Mentre ci dice il direttore artistico Ferdinando Creta: “Con questa mostra dedicata a Mario Persico, dopo quelle di Armando De Stefano e Tonino Lombardi, si riafferma l”attenzione che Arcos sta dedicando ai movimenti e alle personalità che hanno animato ed animano il dibattito delle arti a Napoli e in Campania, nei decenni del secondo dopoguerra. La mostra, attraverso una selezionata scelta di opere che l”artista ha realizzato nei primi anni del Duemila, unitamente ai sorprendenti impaginati del ‘Patapart’, la rivista dell’Istituto patafisico partenopeo di cui Persico, dal 2001, è Rettore Magnifico, vuole essere un”ulteriore riflessione sulla nostra identità culturale”.
Nato a Napoli nel 1930, dove vive, dopo aver conseguito il diploma di maturità artistica, si iscrive Alla Facoltà di Architettura, senza tuttavia completare il corso di studi alfine di occuparsi a tempo pieno della pittura. Persico scopre presto, infatti, come le sue capacità creative siano ben più affini alla magia dell’arte che alla geometria e alla precisionedel disegno tecnico: si iscrive, dunque, all’Accademia di Belle Arti di Napoli, corso più vicino alle sue attitudini. Tra i suoi docenti, il futurista Emilio Notte, professore di pittura e figura-chiave nel processo di maturazione del giovane Persico. La sua precocità artistica lo porta, a soli diciannove anni, ad essere presente a mostre collettive: nel 1955 è invitato alla mostra del Gruppo Roma e del Gruppo München a Monaco di Baviera e nel 1956 alla Prima Mostra di Arti Figurative a Napoli, nella quale espone Composizione del 1955. La pittura dell’artista napoletano, in particolare tra il 1954 e il 1956, si contraddistingue per un dettato “nuclearista”, condiviso con l”amico artista Guido Biasi, sulle orme di Mario Colucci, un processo di totale rinnovamento delle arti a Napoli. Persico partecipa successivamente alla Mostra d”Arte Figurativa Il Titano a San Marino (1956), alla VIII Mostra d’Arte Moderna di Torre Pellice ed alla II Mostra d”Arte Figurativa di Napoli (1957), irrompendo nella scena artistica con i dipinti quali “Pesca notturna” del 1955. La scelta di dipingere la notte, di cui “Paesaggio Notturno” (1959) rappresenta un fulgido esempio, nasce dalla volontà di avvicinarsi alla natura, carpirne gli intrinseci misteri e le oscurità oniriche e, allo stesso tempo, declinare in piena autonomia il linguaggio segnico-gestuale proprio del movimento nucleare. Nei primi anni Cinquanta, l’era atomica, fonte di ataviche paure ma anche di progressiste speranze nella sua promessa di energia illimitata, si sta affacciando infatti anche nel Vecchio Continente, e l’ambiente artistico non rimane certo insensibile a questo nuovo allargamento dei confini. Il Movimento dell’arte nucleare venne fondato nel 1952 da Enrico Baj e Sergio Dangelo, ma già dal 1953 per il tramite di Mario Colucci interessò l’ambiente napoletano: situazione che sarà evidente nelle opere che Persico, Carlo Del Pozzo, Franco Palumbo e Lucio Del Pezzo e lo stesso Colucci esporranno in occasione della mostra allestita all’Istituto Cultural Español Santiago di Napoli, nel 1957. L’anno successivo, ai sopracitati si aggiungono Libero Galdo, Sergio Fergola e Luigi Castellano (Luca): quest’ultimo rende possibile, grazie al suo slancio organizzativo, la nascita del Gruppo 58 (Biasi, Del Pezzo, Di Bello, Fergola, Luca, Persico), movimento artistico che avrà una sua rivista “Documento Sud”, fondata nel 1959, di cui Persico fu redattore e impaginatore dal terzo numero. Il Gruppo 58 si componeva di pittori dai diversi interessi che allacciarono la loro attività artistica, rendendola più ricca e, per certi versi, più completa, all”attività del poeta esordiente Sanguineti ed a quella di Emilio Villa. Nel Giugno del 1958, i sei artisti sottoscrivono il “Manifesto del gruppo 58- movimento di pittura nucleare”. L’intento del Gruppo era quello di «chiudere il tormentoso rubinetto dell’inconscio e di gettare un ponte tra il presente della nostra civiltà spirituale e l”origine, dimostrando quanto questa civiltà sia ancora capace di cantare con semplicità le albe primordiali pulsanti nella memoria del suo sangue». Nel 1959, Persico inaugura la sua prima mostra personale presso la Galleria Senatore di Stoccarda e con il gruppo partecipa alla mostra “Enrico Baj e il Gruppo 58” presso la Galleria San Carlo di Napoli. Nello stesso anno, è tra i firmatari sia del “Manifeste de Naples”, sottoscritto dal gruppo insieme a Balestrini, Redaelli, Paolazzi, Bajini, Sanguineti, Alfano, Grieco, Baj, Verga, Sordini e Recalcati, che di quello dell’“Arte Interplanetaria” pubblicato a Milano. In questo momento di grande dibattito e di ricerca, gli artisti napoletani tendono alla scoperta del loro patrimonio antropologico e a formulare ciò che Sanguineti definisce «risemantizzazione del reale». Alla mostra organizzata alla Galleria San Carlo “Gruppo 58 + Barisani, Colucci, Tatafiore, Venditti”, segue l”ultima, “Gruppo 58+Pabi”, alla Galleria Chiurazzi di Napoli, la quale segna la fine dell”intensa e frenetica, seppur breve, esperienza del Gruppo. Da questo momento, Persico vive una fase di intensa attività artistica che lo conduce ad esporre le proprie opere nelle principali rassegne europee: nel 1960, viene organizzata la sua seconda personale alla Galleria La Rive Droite di Ischia Porto e l”artista viene invitato a partecipare alla mostra “Arte Fantastica Italiana” tenutasi presso la Galleria Schwarz di Milano. Nello stesso anno dà l” avvio ai Collages Romani. Nel 1961 tiene tre personali rispettivamente presso la Galleria Schwarz di Milano, presentata da Edoardo Sanguineti, alla Galleria Kunstlergilde di Ulm ed infine alla Galleria Senatore di Stoccarda. Nello stesso anno a Milano partecipa alla mostra “L’oggetto nella pittura” e a quella del “Gruppo Phases”, entrambe ospitate dalla Galleria Schwarz. Nel 1962, partecipa all’esposizione “Alternative Attuali” all’Aquila e al VII Premio Termoli e ad alcune collettive presso le Galerie de l”Université du Runelag di Parigi. Nel 1963, viene invitato ad esporre dalla Galleria Senatore di Stoccarda, alla collettiva “La Nuova Figurazione” a Firenze e alla mostra “Aspetti d”Arte Contemporanea” all’Aquila. Sanguineti in merito alle opere dei primi anni Sessanta scrive: «L’arte del nostro secolo ci ha naturalmente diseducati a queste valutazioni, ma la pittura di Persico, nella sua clamorosa figuratività (e tanto più clamorosa perché di ordine fantastico), aiuta a riproporre la questione e scopre, esercitando a modo suo le nostre facoltà percettive, con efficace violenza, questa specie di gigantismo a poco prezzo che l’ottica contemporanea è costretta a registrare anche a suo dispetto. E penso al calcolo, certamente inconscio, che un pittore come Persico può operare in relazione alle alterazioni che il vedere cinematografico e televisivo hanno prodotto sulla nostra sensibilità. L’umanità di Persico è una specie di umanità (in quella ideale misura, di cui si discorreva più sopra) a sedici pollici». Gillo Dorfles, recensendo la mostra di Ulm sulle pagine di “Art International” nel 1962 rileva: «L’immagine dell’uomo, cacciata dalla pittura moderna, cancellata dalle tele, ripudiata per la sua «banalità fotografica, ricompare oggi con insistenza in molte opere d”avanguardia. Ma, ovviamente, non è più la rappresentazione veristica e accademica dell’uomo ottocentesco e neppure quella artefatta e distorta dell’uomo cubista, è una rappresentazione che diventa simbolica d’un’epoca, d’una cultura, d’un ambiente sociale. Nell’opera di Mario Persico quest’immagine umana è stata sempre presente, ora sotto l’aspetto dell’“uomo-feto”, dell’“uomo-embrione”, ora sotto quella dell’“uomo-robot”, ora sotto quella d’un “uomo-mostro”, o d’un “uomo-manichino”». A partire dal 1963, Persico sperimenta e crea nuove forme costituite da parti fisse ed altre mobili, le cosiddette “opere praticabili” che segnano il passaggio dalla creazione bidimensionale a quella tridimensionale. Sono lavori allungabili, costruiti in legno con colori vivaci e altri materiali, spesso dal carattere ludico, quali ad esempio scacchiere, roulette, giochi dell’oca, percorsi ad ostacoli: al 1964-65 appartengonogli “scacchieri” ed alcune “opere tattili”. Tra il 1967-1968 realizza i primi “segnali” in Germania per la Galleria Senatore. Per alcuni parchi pubblici di Stoccarda, realizza “oggetti ammiccanti” e le “gru erotogaie”, che verranno esposte anche a Napoli, in piazza Amedeo, in occasione della manifestazione “Natale a Napoli” del 1970. Di questo periodo vanno ricordate numerose altre mostre: nel 1964, le personali alla Galleria Sherman di Chicago, alla Galleria La Polena di Genova, alla Galleria Foyer des Zimmertheater di Tubingen, alla Galleria Senatore di Stoccarda. Partecipa alla mostra “Nuova Realtà della pittura” a Genova ed alla collettiva presso il Musée d”Art et d”Industrie di St Etienne. Nel 1965, assieme a Del Pezzo, espone presso la Galleria Guida di Napoli. Nello stesso anno è invitato al Premio Trento e partecipa alla mostra “Luna Park”, organizzata dal Gruppo “70, a Firenze. Nel 1966 illustra la traduzione italiana di Luciano Caruso dell”opera patafisica Ubu Cocu di Alfred Jarry. In Persico, l’interesse per le teorie patafisiche (una sorta di ironico ritorno a quanto di esoterico rimane nel pensiero occidentale, secondo l’insegnamento di Alfred Jarry, demone dell”assurdo e della derisione) è una costante della sua opera. Nel 1969 si segnala la personale alla Galleria Silvia di Roma e l’anno successivo partecipa alla collettiva “Una teoria dell’oggetto”, organizzata presso la Galleria Ellisse di Napoli, e all’esposizione presso la Galleria Carolina di Portici. In questi anni, l’artista sente la necessità di riflettere sui temi politico-sociali e si riconosce, tramite il suo lavoro, come parte attiva nel processo politico di democratizzazione teorizzato dalla sinistra alternativa, affidando una delega belligerante agli oggetti che va realizzando: «ciò che non può essere detto, afferma l’artista, deve tuttavia farsi sentire». Seguendo tale dittamo, costruisce perciò prima le Sedie dell”isteria (1971), quindi le Sedie della tortura (1974-1975), auspicando che tali opere scuotano le coscienze. A questo periodo di tumultuoso interesse per il sociale, appartengono anche i Teatrini e i Collages Floreali. Nel 1972 la Galleria Turchetto di Napoli gli dedica una personale e nello stesso anno è invitato alla X Quadriennale di Roma ed alla mostra “Ricognizione sull’arte napoletana 1950- 1970” al Centro Schettini di Napoli. Sul finire degli anni Settanta, Persico si distacca, almeno parzialmente, dalla sua figura di artista impegnato e si dedica ad un nuovo ciclo pittorico, intitolato “Le tavole della memoria”, lavoro che continua la personale riflessione sulla vita e sull’uomo. Agli anni Ottanta, segnati del “riflusso” ormai tendente al consumismo e alla santificazione dell’apparenza, Persico si rifugia nei giganti del passato, attraverso la rivisitazione (d’après) di alcune opere di Courbet. Quest’ultimo ciclo nasce dalla critica che Persico muove ad una società che ha ormai deformato la nostra immaginazione, e lo fa recuperando sagome antropomorfe, percepite come visione dell’inconscio e della memoria dal fondo di una fantasia metamorfica. Tali opere, come L’Atelier, Les Demoiselles au bord de la Seine, sono esposte, nel 1983, nella grande mostra allestita nel Chiostro della Santissima Pietà di Teggiano, promossa dalla cattedra di Storia dell’arte contemporanea dell’Università di Salerno e curata da Massimo Bignardi. Quest’ultimo nel saggio introduttivo al catalogo, scrive: «Un moto liberatorio tradotto in momenti attinti dal bacino della memoria, ove il collettivo e il privato confluiscono in un’unica presenza. È il mondo della strada, dei diseredati, delle periferie tristi e tetre della città, quelle che Courbet chiama “monde de la vie triviale”, che vive nei reperti minimali strappati da Persico all’anonimato con il suo lavoro di “saponaro”, termine con il quale il dialetto napoletano nomina colui che lavora con lo scarto delle cose (l’affinità è con la pratica tipica del Nouveau Réalisme), vale a dire che recupera, dalla “roba vecchia”, bottoni, fibbie, maniglie e quant’altro. È una metafora che riflette il mondo presente: è la società dei consumi e l’arroganza del potere ad essere messa sotto accusa. Gli stracci, come le rondelle di vecchi orologi, le chiavi, ma anche i tappi di bottiglia e le cerniere lampo, i drappi unti e volgari strappati all’evanescente “quotidiano” di una casa di periferia, evidenziano una condizione esistenziale precaria, sul filo dell’irreale, ove l”immaginario si trasforma in essenza di vita». La ricerca pittorica di Persico, tra gli anni Ottanta e i primi del Novanta, si concentra sul recupero della materia cromatica, di tensioni surreali e della scrittura.
La costante opera di rinnovamento della propria arte pittorica a cui Persico si dedica non attutisce l’interesse per le problematiche sociali come la solidarietà, le lotte di emancipazione e la militanza politica, che da sempre delineano il suo profilo d’artista. In questo periodo, infatti, firma il Manifesto dell’Antilibro assieme a Sanguineti, Dorfles e Pirella: il progetto, nato nel 1995, si pone come obiettivo la promozione di un’editoria nuova che rompa l’egemonia dell’industria editoriale, indirizzata verso una cultura di massa, tesa unicamente al profitto. Del 2000 è la mostra personale “Dieci storie del rifiuto” allestita alla Galleria Franco Riccardo di Napoli, mentre nel 2001, realizza per la Biennale di Venezia, due Bandiere della Pace e impagina nelle modalità della “poesia visiva” un testo di Sanguineti. Dal 2001 è Rettore Magnifico del Collegio Patafisico Partenopeo e direttore del “Patapart”, una delle più belle ed innovative riviste d’arte contemporanea, che spezza la rigidità del libro e diventa uno strumento di critica e di denuncia. Nel 2002 riceve il Premio Capri, mentre nel 2003 illustrata un Omaggio a Goethe e nel 2004, un Omaggio a Shakespeare, nove sonetti, con traduzioni di Sanguineti. Del 2007 è la grande mostra antologica promossa dal Comune di Napoli e curata da Mario Franco, allestita al Castel dell’Ovo. Rileva Franco: «Intransigente. Se con un solo vocabolo volessimo definire e qualificare l’avventura artistica e umana di Mario Persico, questo sarebbe l’aggettivo da utilizzare. Intransigente non tanto perché irremovibile o nemico della trasgressione, e tanto meno ossequiente a norme o principi stabiliti, ma nel senso dell’impegno rigoroso, del rispetto assoluto per il proprio lavoro e la propria realtà morale, per essere sempre un artista lucido e raziocinante […] Il grande ‘NO’ di Persico riprende e riattualizza ‘la strategia del rifiuto’, muovendola con quelle antenne tentacolari che Mario utilizza per indicare una realtà incrinata, visibile solo come insieme di parti disarmoniche e irrelate. Il ‘NO’ diviene così lo specchio che mostra il rifiuto dell’ovvio e, nello stesso tempo, indica la via (le vie) per una possibile riflessione critica» . Quattro anni dopo, il museo MADRE di Napoli ha accolto una sua mostra personale, presentando al pubblico diciassette opere tra sculture, oggetti praticabili ed opere teatrali. Il titolo dato alla mostra, “NO” è legato all’omonima opera creata dallo stesso Persico come il simbolo del rifiuto ad ogni forma di conformismo e logica di potere. Attualmente, L’artista continua nella sua intensa e polivalente attività artistica, e di recente, nel 2015 è stato invitato alla rassegna “Shake Up in Accademia dal 1980 al 1990”, organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Napoli, ospitata nella Galleria storica. L’attività di Mario Persico è intimamente tessuta non solo nello scenario contemporaneo europeo ma anche, e soprattutto, nella città di Napoli dove continua incessantemente la sua ricerca artistica e la sua attività.
Le sue opere riflettono uno spirito intransigente che, fin dall’inizio, si è ispirato a tematiche che hanno richiesto un assiduo e rigoroso impegno. Il lavoro di Persico riflette il concetto chiamato dai romantici con il termine “Erlebnis”: l’esperienza interiore non disgiunta dalla visione storica del mondo.
Museo d’Arte Contemporanea Sannio – ARCOS
di Benevento
Corso Giuseppe Garibaldi, 1 (Palazzo della Prefettura)
Mario Persico. Verso l’Oltre
Dal 25 giugno al 7 luglio 2015
Orari : dal martedì al venerdì alle ore 9.00 alle ore 18.00 sabato e domenica dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00 lunedì chiuso
Info e Contatti : Telefono: 0824 21079 – 0824 312465
Fax: 0824 47360 -e-mail: museoarcos@artsanniocampania.it