Giovedì 18 giugno alle ore 18.30 presso il Teatro di Palazzo Donn’Anna appena restaurato, Massimo Fargnoli incontra il violinista UTO UGHI, per la presentazione del suo libro ‘Il Trillo del Diavolo’ edito da Einaudi. L’evento è stato organizzato dall’ Accademia Musicale Napoletana, fondata da Alfredo Casella nel 1933, in collaborazione con la Fondazione Ezio De Felice, la Steinway & Sons, attraverso la Ditta Alberto Napolitano di Piazza Carità, con il contributo di Cariparma con il Patrocinio del Comune di Napoli – Assessorato alla Cultura e al Turismo Nell’occasione verrà anche proiettato il documentario ‘Uto Ughi-una vita in Musica’ prodotto dalla Rai, a cura di Natascia Chiarlo. Introdurrà la serata, portando i saluti della Fondazione Ezio De Felice che ospita la serata nella sua prestigiosa ed incantevole sede proprio sul mare di Posillipo, la professoressa Marina Colonna. Come ci dice Uto Ughi : “Si creò un buon giro di amici, strumentisti dilettanti che erano soliti riunirsi con il maestro Coggi a casa di mio padre per far musica insieme. Eseguivano il repertorio cameristico con passione. Io avevo circa tre anni: quando a sera arrivavano gli ospiti con i loro strumenti, m’infilavo sotto il pianoforte. Non c’era verso di togliermi da quella specie di tana per mandarmi a dormire, volevo sentire a tutti i costi le musiche che eseguivano. E quando mi accorgevo che qualcuno stonava o sbagliava le note, protestavo a modo mio, fischiando sonoramente. Avevo una grande voglia di suonare, di partecipare anch’io ai concerti. Avevo trovato due piccoli pezzi di legno, uno un po’ piatto che mettevo tra il mento e la spalla, e un altro con cui… “suonavo”! Giravo per casa felice, avevo il “mio” violino”. La storia di una vita interamente dedicata alla musica. Uto Ughi ha soltanto tre anni quando il suo primo maestro, l’amico di famiglia Ariodante Coggi, gli mette in mano un violino minuscolo, e glielo lega al collo perché non cada. Nasce cosí uno dei piú grandi talenti musicali del nostro tempo, un esecutore dalla naturale e precoce attitudine a «tirar l’arco», che calca, ad appena sette anni, i palcoscenici dei teatri per i primi concerti in pubblico.
Tuttavia questo libro non si limita a ripercorrere l’apprendistato del musicista, le lezioni con George Enesco, i concerti tenuti in tutto il mondo, i sodalizi artistici con i piú grandi interpreti degli ultimi cinquant’anni. Questo libro ci svela un inedito Uto Ughi, un uomo che, lontano dai riflettori, ama la letteratura, i viaggi e la natura, il silenzio consapevole e i luoghi del mito, dove poter ritrovare se stesso. Capace come pochi di mantenere intatto nel tempo il rapporto con il pubblico, Uto Ughi condivide per la prima volta con i lettori i tesori accumulati durante il suo cammino professionale e umano, e mette insieme il racconto di una vita ricca di passioni.
Nota Storica su Palazzo Donn’Anna
Su Palazzo Donn’Anna esiste vasta bibliografia (dal Celano, 1692, all’Alisio, 1993) e ancor più vasta iconografia (in prevalenza sette-ottocentesca: prototipi in gouaches, olii e acquerelli – G. B. Lusieri, A. D’Anna, G. Gigante, A. Witting -, riproduzioni per incisione e calcografia e, a partire dagli anni 60 dell’800 in fotografia – Sommer, Alinari). Le fonti sono pressoché univoche nella ricostruzione della genesi dell’edificio. Base di partenza fu una modesta costruzione quattrocentesca su uno sperone tufaceo della costa posillipina acquisita da Bonifacio D’Auria, ceduta dagli eredi di questi ai Ravaschieri nel 1571 che ne intrapresero la trasformazione in residenza suburbana. (G. Labrot, “Palazzi napoletani”, Napoli 1993). Dai Ravaschieri la proprietà venne ceduta all’inizio del sec. XVII a Luigi Carafa di Stigliano per 8000 scudi (G. Doria, “I palazzi di Napoli”, Napoli 1986) e, nel 1630, venne acquisita dall’unica erede della cospicua famiglia, Anna Carafa. Fece seguito al matrimonio di Anna col duca di Medina Ramiro Guzman (1636) e con l’elevazione (1637) di questi al ruolo di Vicerè spagnolo su Napoli la decisione di affidare a Cosimo Fanzago la trasformazione in sontuoso edificio del vecchio fabbricato posillipino. Spianato lo sperone tufaceo, su di esso prese forma l’originale impianto a ferro di cavallo accessibile via mare e racchiudente tra le due ali quello che avrebbe dovuto divenire un vasto giardino. La facciata fronteggiante il mare venne eretta a tre piani, mentre il terzo livello restò incompiuto sulle due laterali. A pochi metri d’altezza rispetto al mare, il Fanzago realizzò l’enorme salone per ricevimenti e balli, reso accessibile al giardino a mezzo d’un vasto scalone oppure dal mare attraverso un passaggio sottostante. Vi si tenne nel 1642 il Gran Ballo in onore della coppia vicereale. I lavori, che avevano già assorbito 150mila ducati si fermarono alla partenza per la Spagna del Duca di Medina (1644) anche perché l’anno successivo venne a morire Anna Carafa. La fabbrica incompiuta passò al Fisco; al danneggiamento conseguente all’abbandono seguì la devastazione provocata dal terremoto del 1688 (Doria, cit.).
L’acquisto del rudere nel XVIII sec. da Carlo Mirelli, principe di Teora, non valse a ridar splendore alla costruzione. Di nuovo votato all’abbandono dopo avverse fortune economiche dei Teora, quel che restava dell’edificio conobbe le più varie utilizzazioni per gran parte dell’Ottocento. Le lunghe gallerie a livello mare ebbero anche impiego come sedi d’attività artigiane (rimessaggio e riparazione barche) e imprenditoriali (una fabbrica di cristalli). Nella seconda metà dell’800, con la suddivisione in abitazioni dell’immobile si ebbero i primi interventi di restauro delle due ali e, in seguito, i primi rimaneggiamenti. A cavallo tra 8 e 900 all’uso per residenze, s’aggiunse la destinazione a pensione d’una parte dell’edificio. Riproduzioni fotografiche tra 1865 e 1903 restituiscono comunque l’immagine d’una sontuosa, barocca rovina, sia dal lato di levante che di ponente (cf. R. T. Gunther, “Posillipo romana” Napoli 1993, pag. 47). Il restauro dell’intero complesso, fino all’acquisizione della fisionomia attuale, sia nelle facciate prospicienti il mare, sia in quelle fronteggianti la collina retrostante, sono frutto di più interventi novecenteschi. G. Alisio scrive del “palazzo tuttora esistente, deturpato dagli innumerevoli e abusivi interventi di ristrutturazione” (“Napoli com’era nelle gouache del Sette e Ottocento”, Roma 1990). In effetti, se a proposito degli affacci a levante e a sud, si può parlare di ristrutturazioni (ed anche di manomissioni per quanto riguarda arcate e cavità a livello del mare), si è di fronte a superfetazioni nel caso della facciata di ponente e delle facciate interne,. L’ala di ponente, che ancora nelle immagini del primo Novecento (cfr. foto Alinari) appare diruta nelle parti sovrastanti il secondo livello di arcate, vede sorgere sulla spianata ricavata dall’eliminazione delle murature semicrollate un fabbricato di tre piani, a pianta rettangolare (progetti ing. Giordano, poi Avena), che non tenta neppure di assimilarsi alla monumentalità architettonica del complesso, e nel quale vengono ricavati appartamenti per abitazione. Il salone delle feste, ridotto a deposito, venne acquistato negli anni 50 del secolo scorso dal prof. arch. Ezio De Felice e trasformato nel suo studio atelier. Alla morte del prof. De Felice, la vedova, prof.ssa Eirene Sbriziolo diede vita ad una Fondazione culturale intitolata al marito, in associazione con la Regione Campania. Perfettamente restaurato, il Teatro è ora sede di seminari scientifici ed eventi di alta cultura.
Biografia di Uto Ughi
Erede della tradizione che ha visto nascere e fiorire in Italia le prime grandi scuole violinistiche. Uto Ughi ha mostrato uno straordinario talento fin dalla prima infanzia: all’età di sette anni si è esibito per la prima volta in pubblico eseguendo la Ciaccona dalla Partita n° 2 di Bach ed alcuni Capricci di Paganini. Ha eseguito gli studi sotto la guida di George Enescu, già maestro di Yehudi Menuhin. Quando era solo dodicenne e la critica scriveva: “Uto Ughi deve considerarsi un concertista artisticamente e tecnicamente maturo”. Ha iniziato le sue grandi tournèes europee esibendosi nelle più importanti capitali europee. Da allora la sua carriera non ha conosciuto soste. Ha suonato infatti in tutto il mondo, nei principali Festivals con le più rinomate orchestre sinfoniche tra cui quella del Concertgebouw di Amsterdam, la Boston Symphony Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la New York Philharmonic, la Washington Symphony Orchestra e molte altre, sotto la direzione di maestri quali: Barbirolli, Bychkov, Celibidache, Cluytens, Chung, Ceccato, Colon, Davis, Fruhbeck de Burgos, Gatti, Gergiev, Giulini, Kondrascin, Jansons, Leitner, Lu Jia, Inbal, Maazel, Masur, Mehta, Nagano, Penderecki, Pretre, Rostropovich, Sanderlin, Sargent, Sawallisch, Sinopoli, Slatkin, Spivakov, Temirkanov. Uto Ughi non limita i suoi interessi alla sola musica, ma è in prima linea nella vita sociale del Paese e il suo impegno è volto soprattutto alla salvaguardia del patrimonio artistico nazionale.
In quest’ottica ha fondato il festival “Omaggio a Venezia”, al fine di segnalare e raccogliere fondi per il restauro dei monumenti storici della città lagunare. Conclusa quell’esperienza, il festival “Omaggio a Roma” (dal 1999 al 2002) ne raccoglie l’ideale eredità di impegno fattivo, mirando alla diffusione del grande patrimonio musicale internazionale; concerti aperti gratuitamente al pubblico ed alla valorizzazione dei giovani talenti formatisi nei conservatori italiani. Tali ideali sono stati ripresi nel 2003 e attualmente portati avanti dal festival “Uto Ughi per Roma” di cui Ughi è ideatore, fondatore e direttore artistico. Recentemente la Presidenza del Consiglio dei Ministri lo ha nominato Presidente della Commissione incaricata di studiare una campagna di comunicazione a favore della diffusione della musica classica presso il pubblico giovanile. Il 4 settembre 1997 il Presidente della Repubblica gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce per i suoi meriti artistici. Nell’Aprile 2002 gli è stata assegnata la Laurea Honoris Causa in Scienza delle Comunicazioni. Intensa è la sua attività discografica con la BMG Ricordi S.p.A- per la quale ha registrato: i Concerti di Beethoven e Brahms con Sawallisch, il Concerto di Cajkovskij con Kurt Sanderling, Mendelssohn e Bruch con Prêtre, alcune Sonate di Beethoven con Sawallisch al pianoforte, l’integrale dei Concerti di Mozart, Viotti, Vivaldi, “Le Quattro Stagioni”, tre Concerti di Paganini nell’edizione inedita di direttore–solista, il Concerto di Dvorak con Leonard Slatkin e la Philarmonia Orchestra di Londra; le Sonate e Partite di Bach per violino solo. Ultime incisioni sono: “Il Trillo del diavolo” (disco “live” dei più importanti pezzi virtuosistici per violino); il Concerto di Schumann diretto dal M° Sawallish con la Bayerischer Rundfunk ; i Concerti di Vivaldi con i Filarmonici di Roma; la Sinfonia Spagnola di Lalo con l’Orchestra RAI di Torino e de Burgos; l’incisione discografica per Sony Classical, nel 2013, dal titolo “Violino Romantico”, una raccolta di pezzi emblematici del Romanticismo sul violino, con la partecipazione dell’Orchestra da Camera I Filarmonici di Roma. Altro evento di particolare rilievo è la pubblicazione del libro “Quel Diavolo di un Trillo – note della mia vita”, avvenuta nel 2013, edito da Einaudi: la storia di una vita incredibile, interamente dedicata alla musica.
Uto Ughi suona con un violino Guarneri del Gesù del 1744, che possiede un suono caldo dal timbro scuro ed è forse uno dei più bei “Guarneri” esistenti, e con uno Stradivari del 1701 denominato “Kreutzer” perché appartenuto all’omonimo violinista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa sonata.
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