Sabato 2 maggio, Dolomiti Contemporanee organizza una giornata dedicata alla cultura e all’arte contemporanea. Dalle ore 14.00 alle ore 18.00, presso il Nuovo Spazio di Casso, si svolgerà un talk aperto al pubblico, dal titolo Vajont 2015: il territorio, la storia, il valore dei progetti culturali. Pratiche d’interazione, metodologie d’indagine, processi e prospettive.
Il talk è diviso in due sessioni: nella prima, verrà presentato il Concorso Artistico Internazionale Two calls for Vajont, lanciato da Dolomiti Contemporanee a giugno 2014, e realizzato in collaborazione con Enel e patrocinato da numerose Istituzioni, amministrazioni pubbliche ed enti (Ministero dell’Ambiente, Fondazione Dolomiti Unesco, Regione Friuli Venezia Giulia, Regione del Veneto, Provincia di Pordenone, Provincia di Belluno, Fondazione Vajont, Comuni di Erto e Casso, Claut ,Cimolais, Vajont, Longarone, Belluno, Consorzio Bim Piave, Ordine Nazionale Architetti Paesaggisti e Conservatori), nonché da alcuni partner culturali rilevanti (Mart Rovereto, Fondazione Merz Torino, CCC Strozzina Firenze, Institut Français, Pianoproject, Fondazione Bevilacqua La Masa)
Interverranno alcuni dei membri della Giuria del Concorso, ed alcuni degli artisti che vi hanno partecipato, i quali presenteranno brevemente il proprio progetto.
Ricordiamo che il talk si svolge a due soli giorni dalla conclusione della prima fase di Twocalls (30 aprile), e che la determinazione dei vincitori avverrà entro la fine dello stesso mese di maggio. Nell’occasione, verrà presentata presso lo Spazio espositivo di Casso una selezione dei progetti finalisti, che rimarrà visibile al pubblico nei finesettimana (sabato e domenica) del 2/3, 9/10, 16/17 maggio, con orari 10.00-12.30 e 14.30-19.00.
Nella seconda sessione del convegno-dibattito, saranno presentati alcuni progetti che, negli anni recenti, hanno interessato l’area del Vajont, ed il rapporto del suo paesaggio con la sua storia, indagandone gli aspetti culturali, sociali ed antropologici, paesaggistici ed estetici, nel tentativo di formulare nuovi modelli, non solo analitici, ma partecipati. Il talk sarà dunque incentrato sulla specificità storica-territoriale del Vajont. Gli ospiti-relatori presenteranno i propri progetti. Queste piattaforme critiche operano attraverso l’interdisciplinarietà, l’ideatività, la ricerca, alla ridefinizione di contesti territoriali e urbani, in particolare di quelli gravati da forti criticità, mettendone in luce carenze e potenzialità. Ognuno dei progetti opera attraverso prassi che includono processi e modelli propositivi, rigenerativi e creativi.
Interverranno nella discussione anche i rappresentanti di alcuni enti che operano alla valorizzazione della risorsa-territorio. Farà seguito al talk la presentazione dei lavori degli artisti Marta Allegri e Stefano Moras, realizzati nell’abitato di Casso. Presente in mostra anche la documentazione di Let’s make like a tree, opera relazionale di Elisa Bertaglia.
Dalle ore 18.00 alle ore 3.00 del giorno successivo, Stefano Moras sarà impegnato nella performance Ritorno (senza soluzione di continuità). Nel corso de talk saranno presentati alcuni progetti e piattaforme che, negli anni recenti, hanno interessato l’area del Vajont, ed il rapporto del suo paesaggio con la sua storia, indagandone gli aspetti culturali, sociali ed antropologici, paesaggistici ed estetici, nel tentativo di formulare nuovi modelli, non solo analitici, ma partecipati (approccio umanistico e dialogico; non meramente analitico, scientifico, descrittivo). Il talk sarà dunque incentrato sulla specificità storica-territoriale del Vajont. Gli ospiti-relatori presenteranno i propri progetti, alcuni dei quali non operano esclusivamente nell’area del Vajont. Più in generale, e in alcuni casi, si tratta di piattaforme critiche, che operano attraverso l’interdisciplinarietà, l’ideatività, la collaborazione, la ricerca, lo studio, alla ridefinizione di contesti territoriali e urbani, in particolare di quelli gravati da forti criticità, mettendone in luce carenze e potenzialità. Ognuno dei progetti opera attraverso prassi che includono processi e modelli propositivi, rigenerativi e creativi. Ognuno di questi progetti e piattaforme, pur ampiamente differenti tra loro, presenta dei punti di contatto e convergenza con gli altri, su aspetti generali e particolari: la volontà di agire costruttivamente sul paesaggio contemporaneo; l’intenzione di non considerare alcun territorio come una deriva fossile di un passato immoto, e di considerare invece lo sguardo, l’azione, le pratiche legate alla stanzialità e le stesse pratiche culturali, come parti di un discorso generale integrato, possibile, che possa porsi come una prassi non descrittiva ma attivamente partecipata rispetto al dinamico e mutevole processo plastico e continuo del farsi della storia e del rinnovarsi, in seno alla stessa storia, dello spirito dell’uomo, abitatore e facitore del proprio spazio; ancora, la consapevolezza e l’attenzione posta sulla necessità e l’importanza dei processi, rispetto ai meri fatti (o, anche, alle cosiddette opere d’arte), del farsi costante ed organico dell’identità degli uomini e dei luoghi, senza soluzione di continuità. Vorremmo proporre qui una interpretazione dei concetti di luogo e di spazio, distinguendoli e caricandoli, arbitrariamente, di due significanze diverse ed opposte; vorremmo quindi intendere il concetto di spazio come quello di un luogo potenziato nel proprio valore, grazie all’azione consapevole dell’uomo, che attraverso le proprie ricerche e sperimentazioni, agisce la storia, rimettendone in gioco i significati -all’interno del processo più generale ed inclusivo, quello del vivere- invece di limitarsi a subirne passivamente gli esiti. In quest’accezione critica, lo spazio è dunque il luogo presente a sé stesso, il luogo ripotenziato, attraverso la riflessione, il luogo che, attraverso l’azione dell’uomo, ritrova sé stesso, laddove esso si era perso. E’ evidente che questa definizione ha senso rispetto ai contesti caratterizzati da una forte criticità; in tali contesti complessi, è la critica, forse, a poter diventare la cura della criticità, questo si sta dicendo. All’interno di questo ragionamento, la funzione ed il valore attribuiti alle prassi diviene decisamente rilevante rispetto alla fisiologia e all’identità mobile degli spazi).
Nell’area del Vajont, in questo luogo così terribilmente segnato dalla Tragedia del 1963, sembra che oggi, a 52 anni da quel fatto, l’uomo dimostri in qualche misura di sapere e volere agire, di osare esserci e mostrarsi, potremmo forse dire, portando il proprio sguardo, attraverso la cultura, intesa come strumento responsabile d’interazione con lo stato delle cose e con l’essere degli uomini, a contatto diretto con il luogo stesso, per farne, ancora una volta, uno spazio, reincentivandone il senso, rimettendone in circolazione le energie, che non erano scomparse, ma si erano bloccate. Il talk non intende dunque presentarsi come una rassegna di pratiche analitiche, o una raccolta di saggi di estetiche descrittive, né tantomeno come una dichiarazione di superamento della dimensione traumatica di questa storia; in nessun modo si pretende di elaborare le soluzioni o di concepire gli scenari umani e psicologici del dopo-tragedia, suggerendo tecniche di cura. Invece, il confronto tra i differenti progetti tenterà di mettere in luce un’attitudine forse comune, che potrebbe quasi sembrar preludere, o essere l’inizio stesso, di una fase propositiva, nella quale la terra desolata della tragedia diventi, nuovamente, uno spazio dell’uomo, un cantiere dei vivi, com’è e deve essere sempre, in ultima analisi, ogni luogo abitato dall’uomo, ogni consorzio vissuto, ogni territorio e paesaggio. Ricordiamo, ancora, la definizione che diede Edoardo Gellner del paesaggio, ovvero la sommatoria di ambiente naturale e opera dell’uomo. E qui ci troviamo in un luogo nel quale il paesaggio naturale, attraverso l’azione dell’uomo, si è trasformato nel paesaggio della tragedia, escludendo a quel punto da sé stesso l’uomo (scissione privativa), che ora vuole rientrarvi (farsi lo spazio; rifare il paesaggio). Ricordiamo anche il titolo della conferenza tenutasi lo scorso agosto a Forni di Sopra, nella quale Marc Augé e Gianluca D’Incà Levis si sono confrontati su taluni aspetti del paesaggio contemporaneo e di certa contemporaneità rovinosa, e sul valore delle prassi che offrono o impongono elementi rigeneratori a territori o àmbiti gravati da criticità, chiusure, inerzie: il titolo di quell’incontro fu L’uomo è il territorio: antropologia dei luoghi (non già degli spazi). Rispetto a quanto detto fin’ora: la presenza di Dolomiti Contemporanee a Casso, sin dal suo esordio, con la riapertura dell’ex scuola della frazione, e poi con la gestione delle attività per i due anni successivi, fino all’ideazione del Concorso Artistico Internazionale Twocalls, è stata tutta improntata al fare spazio. Al riflettere sul valore e il significato di questa azione, con la quale si è voluto appunto venire ad aprire un luogo chiuso da oltre mezzo secolo, chiuso dalla tragedia, per trasformarlo in un motore territoriale, un centro propulsivo, uno spazio proiettivo, dal quale innescare processi, relazioni, riflessioni, su questo specifico àmbito e territorio, così caratterizzato dall’evento terribile che ne ha condizionato l’identità dal 1963 ad oggi, e che pur ci si rifiuta di identificare con la terra della tragedia. Questo è, in effetti, il ruolo che hanno, dovrebbero avere, cultura ed arte. Aprire, intavolare, costruire laboratori e spazi del confronto. Fare arte significa essere drasticamente incentivati all’azione, al confronto, all’analisi conoscitiva, alla proposta rivalutativa. Fare arte, cultura, ricerca, è il contrario dello star fermi, della rinuncia, della perdita senza speranza.
L’arte e la cultura sono l’uomo che cammina, eretto, e che non segue una sorte, né si lascia abbattere dalla malasorte, né accetta che un pieno spazio possa venire depotenziato in un mero luogo. Perché ogni cosa, ed ogni senso alle cose, è nella differenza, ed ogni differenza è nella ricerca dei margini, ed ogni qualità è nella sperimentazione continua e nel rivolgimento dei concetti e delle inerzie, ed il destino dell’uomo, in definitiva, qualsiasi senso l’uomo possa avere, è proiettivo, dato che la vita è un transito, stretto tra il non essere e la morte, ma che rimane comunque sostanzialmente diversa dalla morte, perché sceglie, opera, promana, idea, pensa, fa. Ed è questo il motivo per cui Dolomiti Contemporanee è un progetto d’arte contemporanea. Non certo per fare le mostre. Per esserci, riflessivamente.
Alcuni dei progetti artistici – qualsiasi sia il senso che si intende attribuire a quest’espressione- sviluppati in questi anni a Casso, hanno messo in gioco processi, relazioni, rapporti, tra le cose e le informazioni, la storia e la memoria, le forme e le idee, la creatività e l’analisi dei pregressi. Opere quindi non come oggetti compiuti, ma come prospettive d’apertura, in uno spazio che a lungo ha (dovuto curare) curato sé stesso in una buia chiusura. (Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee, direttore del Nuovo Spazio di Casso) .Verranno presentati gli esiti di alcune ricerche artistiche recenti, condotte dagli artisti Marta Allegri, Stefano Moras, Elisa Bertaglia. I lavori vengono realizzati all’interno di vecchie case e stalle di Casso, e si relazionano alla cultura specifica del luogo ed alla storia del territorio. La performance presentata in quest’occasione da Moras è parte di VOCE, progetto-piattaforma con cui l’artista ha partecipato al Concorso Artistico Internazionale Two calls for Vajont. Tutte le attività culturali e artistiche qui programmate sono promosse dal Comune di Erto e Casso, e finanziate con un contributo del GAL Montagna Leader. Le attività, ideate e sviluppate da Dolomiti Contemporanee, vengono realizzate con il coordinamento della Cooperativa Mazarol.
Nuovo Spazio di Casso, programma di sabato 2 maggio
– Ore 14.00-18.00
Vajont 2015: il territorio, la storia, il valore dei progetti culturali. Pratiche d’interazione, metodologie d’indagine, processi e prospettive. Talk aperto al pubblico.
Intervengono:
Prima sessione (Twocalls: 14.00-15.30)
Luciano Pezzin, Sindaco di Erto e Casso
Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee e Twocalls
Marcello Mazzucco, storico locale
Marcella Morandini, Segretaria Generale Fondazione Dolomiti Unesco e membro di Giuria di Twocalls
Alcuni degli artisti che hanno candidato un progetto in Twocalls
Seconda sessione (Progetti: 15.45-18.00)
Gianpaolo Arena – CALAMITA/À
Marta De Marchi e Fabio Vanin – Latitude
Luana Silveri – Oltreerto
Stefano Moras e Alan Nan – VOCE
Marta Allegri – artista
Modera: Petra Cason
– Ore 18.00
Break-aperitivo
– Ore 18.30-3.00
Performance Ritorno (senza soluzione di continuità), di Stefano Moras. La performance si svolge in una vecchia stalla di Casso.
Info:
Dolomiti Contemporanee
Nuovo Spazio di Casso
Via Sant’Antoni 1
33080 Casso (Erto e Casso) – Pordenone
info@dolomiticontemporanee.net – press@dolomiticontemporanee.net
Two calls for Vajont – Concorso Artistico Internazionale