Tanti sono stati i film che nel 2014 hanno fatto discutere la critica cinematografica nazionale ed internazionale, tra questi “il capitale umano” di Paolo Virzì.
E’ la drammatica storia scaturita da un incidente stradale causato da un ragazzo alla guida di una macchina non sua, che si intreccia con quella di un uomo insoddisfatto della sua posizione economica e alla ricerca di grossi guadagni attraverso investimenti in borsa.
Tutto inizia una sera quando un ciclista di ritorno a casa dopo il suo turno lavorativo, viene travolto da un’ auto in corsa in una strada poco illuminata. Non avendo ricevuto soccorso immediato, le sue condizioni di salute peggiorano fino alla morte in ospedale. Le indagini della polizia con lo scopo di capire chi guidasse l’auto fuggita dopo l’incidente, si concentrano su Massimiliano, figlio di un uomo d’affari, direttore di un fondo quotato in borsa. Quella sera il ragazzo aveva partecipato ad una festa con un gruppo di amici dopo una cerimonia di premiazione in cui non gli era stato conferito un premio scolastico. A far luce sulla verità sarà Dino Ossola, un agente immobiliare che investe tutto quello che ha nel fondo del padre di Massimiliano con la speranza di ricevere grosse rendite in poco tempo. Quando però gli viene fatto sapere che il denaro da lui impiegato è andato quasi completamente perso a causa del cattivo andamento delle borse, Dino cerca in tutti i modi di recuperarlo riuscendo nel suo intento attraverso un ricatto ai danni di Carla, madre di Massimiliano. Insoddisfatta della sua vita Carla è una donna che cerca se stessa impegnandosi anche in iniziative culturalmente utili come la riapertura di un teatro la cui struttura era stata danneggiata dal tempo e quindi la formazione di un consiglio di amministrazione in grado di stilare e curare una programmazione teatrale. E’ in questa occasione che un vecchio amico della donna, insegnante di lettere e membro del consiglio neoformato, dimostra di provare un sentimento per lei. La storia d’amore tra i due dura pochissimo interrompendosi nel momento in cui Carla capisce di non poter ormai più vivere una vita diversa da quella che la vedeva come madre e moglie di un uomo ricco.
Il film evidenzia diverse amare verità di carattere generale: l’esistenza di un forte divario tra chi viene risarcito per la perdita di una vita umana con una cifra di denaro irrisoria e chi spera in una crisi economica che lasci sprofondare l’Italia nel caos per poter guadagnare somme elevatissime, di fronte alle quali anche l’amore filiale può passare in second’ordine. Emerge, cioè, una società di forti contrasti sia economici (pochi guadagnano moltissimo, molti niente, pur provandoci), sia di valori.
Tratto dall’omonimo libro di Stephen Amidon, “Il capitale umano” è stato designato come film rappresentante il cinema italiano. Con un cast eccezionale che vede attori come Fabrizio Gifuni, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi… è stato apprezzato in diversi paesi del mondo. Particolarità della pellicola è la sua divisione in capitoli in ognuno dei quali la storia viene analizzata da punti di vista diversi , che coincidono con quelli dei personaggi principali.
Nel 2014 il film ha ricevuto il David di Donatello e il Golden Globe come miglior film. Il regista invece è stato premiato ai Nastri d’argento e all’European film Awards.
Nonostante la critica italiana ed estera siano generalmente orientate verso giudizi pienamente positivi, “il capitale umano” può essere considerato un buon prodotto ma non di portata straordinaria. Un film da vedere non più di una volta data l’assenza di elementi sia contenutistici che tecnici in grado di “spiazzare” lo spettatore puntando quindi sull’effetto sorpresa. Alcuni passaggi sono infatti prevedibili e l’intreccio dei due filoni di storie quello dell’incidente da una parte e la perdita di denaro con il successivo ricatto dall’altra può presentare a tratti delle forzature.
Il cinema come tutte le forme d’arte diventa però prodotto di chi guardandole le apprezza o le disprezza vedendoci ciò che vuole, che più si adatta ad una interpretazione personale e che risponde al gusto soggettivo. Nel momento in cui un artista da libertà alla sua creatività mettendola poi al giudizio di tutti, perde il possesso della sua creazione che assume come “un’indipendenza biologica”. Per questo motivo ciò che un regista ha voluto rappresentare spesso non corrisponde a ciò che viene collettivamente recepito o interpretato. Questa è la straordinarietà dell’arte, della letteratura. Questa è la straordinarietà del cinema.