Sessantasette anni e non sentirli. Patricia Lee Smith, in arte Patti Smith, manda in delirio il Duel Beat di Napoli con uno spettacolo musicale dedito al rock d’autore, che a Napoli mancava da un anno e mezzo. Da quando Bruce Springsteen calcò il palco situata in Piazza del Plebiscito. Generi diversi per due delle icone mondiali della musica che, in entrambi i casi, sono riuscite a deliziare la folla. La Campania è diventata una tappa fissa dei suoi tour: basta notare che per la sesta volta negli ultimi tre anni la Smith tiene un concerto nelle nostre terre. Un “innamoramento” che lei celebra in diverse occasioni, rivelando tutto il suo stupore per una terra che sale spesso agli onori delle cronache per eventi negativi ma che d’incantevole ha il paesaggio, le tradizioni, il rapporto umano.
Alla vigilia della criticata data alla Chiesa di San Giovanni Maggiore, con tanto di attivazione di un comitato che si è opposto vivacemente (purtroppo solo negativamente, e qui ci sta una bella risata ironica), la Patti scalda il Duel Beat di Agnano con una performance delicata. E’ ovvio che la sacerdotessa americana ha perso quello smalto che l’aveva resa grande negli anni della ribellione punk, quando la città di New York pullulava di creste, spille da balia, anfibi e giacche di pelle che hanno un nome specifico d’identificazione (i chiodi, la seconda pelle dei Ramones) e frequentava grandi artisti dell’epoca del calibro di Andy Warhol e Robert Mappelthorpe. Ma il suo vigore artistico non ha eguali e viene incarnato alla perfezione insieme ai figli Jesse Paris e Jackson e dal compagno di tour Tony Shanahan nell’inedita formazione “The Smiths”.
Quando sale sul palco, l’impatto con la folla è da brividi. Si parte con Redondo Beach, fortunato brano che risale al 1975, tra i più celebri pezzi del primo album Horses. Seguono una serie di canzoni di dedica. Love Supreme dedicata al sassofonista John Coltrane, intonata in occasione dei 50 anni dalla sua scomparsa. L’amore infinito per il marito e padre dei due figli Fred “Sonic” Smith, chitarrista dei MC5 scomparso nel 1994 per un attacco di cuore, ripercorre in Frederick, pezzo d’apertura di Wave (1979). Il ricordo degli amici di un tempo è sempre vivo nell’artista americana che dedica Beautiful Boy a John Lennon, per il trentaquattresimo anniversario del suo assassinio (quel maledetto 8 dicembre 1980 a New York), susseguito dal requiem This Is The Girl per Amy Winehouse.
Alla Vergine Madre di Dio, la Madonna, nel giorno dell’Immacolata concezione, ed a tutte le mamme dedica i versi della celebre A Cradle song di William Blake. Il Natale si sta avvicinando così lascia spazio a Tony Shanahan che interpreta la cover di Blue Christmas, imitando per certi versi Elvis Presley. Si prosegue nel finale con Ghost Dance, Beneath the southern cross e Pissing in a river che anticipano uno dei momenti più intensi della serata: l’interpretazione di Because the night, cantata con il pensiero rivolto nuovamente a Fred, che vede la Smith cedere la sua chitarra ad un membro dello staff. L’interpretazione di una delle canzoni più fortunate del suo repertorio, scritto da Bruce Springsteen, elettrizza il Duel Beat che canta a squarciagola e finalmente da la sensazione di mettersi in movimento dopo la staticità che l’ha contraddistinto per tutto il concerto.
Saluti di rito degli Smiths che tornano nei camerini. Spettacolo concluso? Niente affatto. C’è tempo per gli ultimi tre pezzi. Patti Smith pone al centro dei suoi pensieri Lou Reed e gli dedica Perfect Day. In occasione di Banga, la poetessa punk ulula e abbaia in coppia col figlio Jackson, poi sceglie come ultimo brano People have the power. Uno dei pezzi pregiati della sua storia musicale che invita le persone a non mollare e credere sempre nella forza dei popoli. Questa volta è davvero finita. Patti insieme ai suoi compagni di viaggio saluta il pubblico. Portandosi alla bocca la tazzina di porcellana da cui ha bevuto per l’intera giornata, con quel tocco di semplicità che l’ha sempre resa umana.