Lo battezza col nome di Keller Gospel e cerca di predicarne il verbo in tutti gli spazi angusti del pianeta in cui girovaga. The Dad Horse Experience è l’ideatore di questo snaturamento del Vangelo (sì, gospel in italiano si traduce in vangelo) che lui stesso definisce da cantina, un genere su cui tante riviste si sono sbizzarrite per trovarne una catalogazione ma, a sua detta, “consiste in un country gospel con miscele punk-rock”. Unico protagonista di questo progetto solista, per dirla in maniera figa one man band, Dad Horse Ottn ha fatto tappa al Jarmusch Club di Caserta, all’interno di un tour che lo ha condotto in Francia, Germania, Spagna, USA, Australia, Svizzera, Paesi Bassi ed Italia. Un’oretta e mezzo di sound ironico e provocatorio, in cui ricorre spesso l’argomento della morte. “La morte è un tema importante. Tutti devono morire, ciò ci accomuna e ci lega in un’unica grande famiglia. Scrivo molto riguardo la morte?” – si chiede il predicatore tedesco che poi risponde con incisività – “Lo faccio ora perché da morto non potrò più farlo”.
Con la sua autovettura è perennemente in giro, in compagnia di un set strumentale con cui condivide ogni attimo della vita. La sua musica proviene dall’alchimia perfetta tra il bass pedal, il kazoo ed uno strumento a scelta tra due tipi di banjo, uno acustico e l’altro elettrico, ed un mandolino. Oggetti che al suo fianco assumono le sembianze di persone in carne ed ossa e che hanno surriscaldato il Jarmusch Club di via Cesare Battisti con un’atmosfera accattivante. Nel suo spettacolo, egli mette in atto una vera e propria predicazione, con il suo Dark Roots e Outlaw Gospel che ha come obiettivo quello di “trasformare la merda in oro”, non di certo in una chiesa ma nelle cantine buie e solitarie. Per l’occasione, Dad Horse Ottn suona al pubblico casertano brani contenuti all’interno dei suoi tre album: Modern sounds in country and gospel music del 2008, Too close to Heaven del 2008 e Dead dog on a highway del 2011. Una track-list di venti canzoni in cui spiccano Gates of Heaven, Lord must fix my soul, Kingdom it will come, Reach out your hand e Through the hole.
Nel percorso della sua vita, Dad Horse Ottn è stato un “punk rock scoundre” (un mascalzone punk rock ndr), impelagato in tantissimi lavori ed in uno di questi ha poi ha trovato la vocazione per il suo nome. “Negli anni ’80 lavoravo in una fattoria dove c’erano tanti piccoli pony. Ogni volta che mi avvicinavo al loro recinto, tutti questi sfiziosi pony mi seguivano ed io mi sentivo il loro papà. Per questo motivo mi sono autonominato Dad Horse (Papà Cavallo ndr)”. Tra gli artisti a cui si sente legato, l’artista tedesco annovera “Johnny Cash, precursore del gospel e musicista fucking cool, Hank Williams Sr, autore di una bellissima musica con tre accordi, Washington Phillips e Sandy Dillon, due cantautori a cui si è rifatto per trovare il suo stile, ed infine Slate Dump, il cui aiuto è stato importante per avere un buon cuore”.
Più volte nei suoi testi rievoca il legame strettissimo con la madre, scomparsa da qualche tempo e che di certo, secondo lui, è in paradiso. A conclusione della serata, interpellato sull’esistenza di questo luogo utopico, egli sentenzia: “Non so se esiste. Il paradiso è solo un’idea, non so se riuscirò ad andarci. A mio parere l’inferno ed il paradiso sono all’interno della nostra anima. Ma stasera (venerdì scorso ndr), dopo la bellissima performance, mi sa che me lo sono meritato. Stasera mi sento in paradiso al Jarmusch Club”.