In un’epoca in cui le religioni sono sinonimo di conflitti, guerre e integralismo questo film (della sezione fuori concorso) riconcilia popoli, credenze, umanità, la vita e la morte all’insegna della spiritualità.
Nove maestri, ‘Leoni’ di questa 71ma Mostra del Cinema di Venezia, hanno realizzato questo film straordinario, cosmologico, sull’anima del mondo e dell’umanità, lirico e profondamente etico. L’idea di rappresentare la visione del divino, progetto a dir poco ambizioso, quale elemento di aggregazione e non di divisione, è di un ateo: Guillermo Arriaga, romanziere, sceneggiatore, regista e produttore; il curatore è un premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa, mentre la colonna sonora, stellare, è di Peter Gabriel, (ex Genesis) attivista per i diritti umani.
Ogni regista ha interpretato una cultura diversa, tradizioni e religioni differenti ma accomunate da una intensa spiritualità, un senso di appartenenza al pianeta che la popolazione mondiale dovrebbe riscoprire insieme all’interesse comune, ambientale e alla ricerca di soluzioni per i problemi dei più deboli.
Nel primo brano di Warwik Thorton, Veri Dèi, la protagonista è una donna aborigena incinta che scende dalla sua auto e cammina nel deserto australiano, dai colori e stelle emozionati, per andare a partorire… La dichiarazione di Thorton aiuta a comprendere l’animismo aborigeno: «Nella profondità dei miei sogni ho cercato la potenza, il giusto, l’originario, ovvero il creatore. Ma lì nel buio da solo ho trovato mia madre, mia sorella e mia nonna.».
Mira Nair con La stanza di Dio ci porta nell’India dai mille colori, patria dell’induismo e sempre più di una ritualità che, nella civiltà contemporanea capitalista, perde i suoi significati se non per i puri: i bambini.
Un pescatore giapponese, dopo aver perso la sua famiglia durante lo tsunami del 2011, cerca di elaborare il suo lutto e dolore attraverso il colloquio con un monaco buddista (Sofferenze di Hideo Nakata). Irresistibile è La confessione di Álex de la Iglesia dove, a causa di un equivoco, un assassino si trova a dare l’estrema unzione a un moribondo. Le scene girate da Emir Kusturica (La nostra vita) nella chiesa cristiana ortodossa tra le montagne serbe sono fortemente suggestive. Non meno straordinari i saggi di Héctor Babenco, di Bahman Ghobadi, iraniano di etnia curda, di Amos Gitai e Guillermo Arriaga. La religione come strumento di aggregazione, e non politico, è il denominatore comune di questo film. L’etica è stata sempre ad appannaggio della religione e non è stata sostituita, purtroppo, da un’etica laica o umanista, come ha dichiarato l’ateo Arriaga: «la religione è un invito ad essere migliore».