Se sempre il sereno ridesse nel cielo
così come sempre la pace sul mondo,
se sempre la vita non fosse alla morte
legata, così come il giorno alla notte,
di quanto valore scemata sarebbe
la piccola parte di tempo concessa
al pulsare del cuore?
Questa poesia fa parte dalla quarta raccolta di liriche, “Momenti”, di Margherita Moretti Maina.
La scrittrice del Canton Ticino tesse con lucidità le parole fino a creare un vortice di pathos, che trasporta il lettore a un semplice, quanto geniale quesito.
Contemporaneamente si chiarifica l’infinitesimale piccolezza dell’uomo rispetto all’immensità universale, ed il suo fondamentale battito di cuore, un tempo così ristretto, ma così potente, più di tutte le utopie, più o meno trascendentali.
In quell’istante si raccolgono tutte le bramosie, si risplende della speranza che davvero quelle stesse utopie non siano tali, che davvero il cielo non sia mai più costellato di tempeste e tuoni, e che non vi siano più guerre e dolori.
E non importa che ciò immediatamente avvenga o no, ma ciò che conta è che quella possibilità non muoia mai.
Il senso della vita è proprio lì, nel tempo tra l’incedere di due pulsazioni successive.