Il Festival della Comunicazione a Camogli (12-14 settembre) ha esibito non solo grandi numeri (20.000 presenze, oltre 1.000 tweet) ma anche grandi valori. Gli ideatori, Danco Singer e Rosangela Bonsignorio, hanno saputo efficacemente coniugare territorio e cultura, per tutti (l’ingresso era gratuito). Il primo intervento, in una sala gremita e attenta, è stato di Umberto Eco che ha citato Sant’Agostino per dare subito una definizione della comunicazione: “attivare nella mente di qualcuno l’idea che c’era nella nostra mente”, ovvero il trasferimento volontario di informazioni. Il professore ha poi argomentato le differenze.
Negli anni ’60 è stato dato un maggior peso al contesto del destinatario del messaggio e alle sue competenze, diverse magari da quelle del mittente. Nel caso di una comunicazione di massa l’emittente spesso sa ben poco delle caratteristiche di una pluralità di destinatari. Oggi chiunque, online, può ricavare notizie, difficile capire, però, quali sono attendibili. Una fonte per essere attendibile deve essere autorevole, fatto che risulta difficile accertare su internet. Eco ha illustrato come questa presunta democratizzazione, per cui ogni utente diventa giudice di ciò che è bello o brutto, crea spesso confusione. Gli editori erano gatekeepers, elementi di garanzia, a volte di censura, ma oggi con le operazioni di self-publishing tutti possono pubblicare un libro. Poi ha parlato del ‘canale’, quello attraverso il quale passava il messaggio e che, in passato, era neutro: per es. l’aria, fili elettrici, onde etc. Il canale non incideva nella natura dei messaggi, è stato McLuhan a coniare la formula “il medium è diventato il messaggio”, per cui l’utente poteva, con i nuovi mezzi elettronici, diventare talmente dipendente dal canale (medium) da rendere irrilevante il messaggio. Oggi la valutazione di un evento è senz’altro determinata dalla natura del mezzo con cui viene comunicato (televisione o giornale). Comunicare attraverso i social network è, come hanno sostenuto molti relatori, rendere noto a tutti cosa si fa, perché il messaggio può essere captato da molti e in tal modo viene consegnato a ‘controllori esterni’. Questa sorveglianza dei pensieri ed emozioni altrui, ha affermato Eco, avviene con l’entusiasmo di chi partecipa, per cui “gli spiati collaborano con le spie” pur di acquisire visibilità. Spesso con facebook, non si trasmettono informazioni sul mondo ma si mantengono i contatti. Il professore ha aggiunto: la democrazia, “che è un sistema pessimo, secondo Churcill, ma da adottare perché tutti gli altri sono peggio”, stabilisce il ricorso a un criterio quantitativo, governa chi ha la maggioranza, e non qualitativo. Il rapporto attraverso il pc e cellulari è temporalmente immediato ma in questa fame di contatti, secondo Umberto Eco, si nasconde la solitudine. Inoltre ha sottolineato come, oggi, le informazioni che riceviamo eccedono la nostra capacità di assorbimento, prima la scuola ne garantiva un filtraggio. Assistiamo alla perdita del passato, sembra che non sia più necessario ricordare in quanto basta toccare un tasto per sapere quello che vogliamo.
Le tecniche di registrazione ci sottraggono al rapporto comunicativo con tanti autori. Quanto è lunga la vita dei supporti? I floppy disk sono superati, il modo di congelare concetti, è, a tutt’oggi, solo su carta. Umberto Eco ha concluso: “La mia generazione sapeva girare bottoni, quella dei miei figli ha appreso rapidamente a premere pulsanti e i miei nipoti sanno far scorrere il dito su un’immagine per cambiare messaggio”. Furio Colombo, parlando del ‘direttore irresponsabile’, ha fotografato i nostri tempi operando una feconda distinzione tra ‘massa’ e ‘folla’. Carlo Freccero ha spiegato come il secolo scorso è stato quello delle differenze, delle avanguardie, mentre questo è il secolo che «si basa sulla ripetizione del pensiero unico», pertanto è importante generare nello spettatore: accettazione, gradimento e fidelizzazione. È la reiterazione, come nei rituali, che crea dipendenza, infatti oggi il ritornello è il punto di forza della musica. Federico Rampini ha concluso il festival illustrando quali sono le nuove gerarchie di potere, tecno-totalitarismi, e come la rete sia in realtà una mappa di monopoli ben identificati: Facebook, Google, Twitter e Amazon. Sia Rampini che Elisabetta Rubini hanno sottolineato l’importanza di una maggiore consapevolezza da parte dell’utente nell’affidare i propri dati, spesso raccolti a fini pubblicitari. Il livello culturale della manifestazione non ha fatto rimpiangere al pubblico la scelta di ‘materia grigia’ rispetto al sole e al mare di Camogli.